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venerdì 27 febbraio 2015

Seneca e Paolo di Tarso | La Chiesa e il falso carteggio con la Stoà

Già un secolo prima di Marco Aurelio lo stoicismo si era avvicinato al trono imperiale, quando Seneca era diventato anzitutto l'educatore del giovane Nerone, e poi il suo prin­cipale consigliere politico e speechwriter, quando questi ascese al trono nel 54. Nerone non era naturalmente Ales­sandro Magno, né Seneca era Aristotele, ma i due reinter­pretarono comunque il copione del sodalizio fra il grande filosofo e il giovane imperatore, fino a quando il primo cad­de in disgrazia e il secondo lo condannò al suicidio nel 65. Sentenza che Seneca eseguì, naturalmente, con stoica sere­nità, sulla base di un altro classico principio stoico: «Accet­tare volontariamente l'inevitabile »,
Marco Aurelio e Seneca sono esponenti della cosiddetta «ultima Stoà», concentrata prevalentemente su problemati­che morali e spirituali, e rappresentante una sorta di religio­ne laica e colta: in alternativa, dunque, a quella clericale e «cretina», che dapprima cercò di annettersela inventandosi un apocrifo carteggio tra Seneca e Paolo di Tarso, e poi riu­scì a scalzarla in base al principio che a diffondersi in epi­demie sono le malattie infettive e non la salute, fisica o mentale che sia.
Ai fini della logica a noi interessa, però, la «prima Stoà »: quella fondata ad Atene verso il 300 p.e.V. dal ci­priota Zenone di Cizio, che non va naturalmente confuso col precedente eleatico. Essa prese il nome dalla stoà poiki­le, il «portico dipinto» nel quale aveva sede, e divenne pre­sto il terzo polo della vita culturale ateniese.
L'importanza che le tre scuole mantennero a lungo nella vita della città è testimoniata dal fatto che i Greci, quando dovettero inviare una missione diplomatica a Roma nel 156 p.e.V., dopo la conquista romana della Macedonia, non tro­varono niente di meglio che scegliere Carneade (il manzoniano «chi era costui?») dall'Accademia, Critolao dal Li­ceo, e Diogene dalla Stoà.
Tra parentesi, i tre si fecero onore: arrivati a Roma, ini­ziarono i giovani Romani alle loro dottrine, ed ebbero tanto successo che Catone li fece immediatamente rispedire a ca­sa, per paura che la filosofia finisse col provocare una disaf­fezione verso la vita militare. D'altronde, un Censore non poteva che preferire la militarizzazione dei civili alla civi­lizzazione dei militari.
Per tornare alla Stoà, l'esponente più importante fu il suo terzo rettore, il fenicio Crisippo di Soli, vissuto nel terzo se­colo p.e.V. Stilisticamente, sembra non fosse un granché: d'altronde, veniva da una città che aveva ispirato il termine soloikismos, «solecismo », usato ancor oggi nel senso di «sgrammaticatura ». Quanto a produzione, invece, doveva essere un vero grafomane, visto che scriveva 500 righe al giorno: ovvero, l'equivalente dell'intera opera di Aristotele ogni due anni e mezzo, e 700 libri in tutta la vita, un centi­naio dei quali dedicati alla logica.
Tutti questi libri sono oggi perduti, come del resto quelli dell'intera scuola. La quale, per una serie di ragioni, com­presa quella già accennata della competizione etica col Cri­stianesimo, finì per essere completamente rimossa. Al pun­to che oggi di Accademie e Licei è pieno il mondo, ma non c'è neppure una Stoà. È rimasto l'aggettivo «stoico», usato però quasi esclusivamente nel senso di distacco e sopporta­zione al quale abbiamo già accennato.
Piergiorgio Oddifreddi, Le menzogne di Ulisse


Pseudo Seneca

venerdì 3 ottobre 2014

Uomo che saluta: un pittore napoletano a Caracas | Collezione Franco Chirico

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicchè, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.

Uomo che saluta, olio su tela 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

venerdì 27 giugno 2014

Sacra Sindone | Enrico Cajati, "Volto santo", olio su tela

1988 - Rivelazione: la Sacra Sindone non risale ai tempi di Gesù (ammesso che sia mai esistito) il lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino sul quale è impresso il volto di un uomo con i segni della crocifissione. Analisi svolte nei laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo lo datano tra il 1290 e il 1360. Insomma, dati alla mano, la Sacra Sindone è, tutt'al più, un efficace e ben sfruttato dipinto medievale...


Volto santo, olio su tela di lino - Enrico Cajati

lunedì 23 giugno 2014

Medjugorje: i francescani e radio Maria | Elogio dell'ignoranza superstiziosa

[...] A governare occhiutamente il santuario sono i francescani (che in queste zone bellicose hanno benedetto a più riprese l'ultranazionalismo guerriero). Alla morte del maresciallo Tito, maggio 1980, il Vaticano preme affinché i frati lascino al clero secolare le parrocchie che controllano nell'Erzegovina a maggioranza catto-croata. Obiettivo: rifonderle nelle neo-diocesi che Roma intende riorganizzare sul territorio. Però i francescani puntano i piedi. Non mollano. Poi, tempo un anno, prodigio. Giugno 1981: sei ragazzini che s'erano allontanati dal villaggio - pare per fumarsi una sigaretta lontano dai genitori - tornano indietro scossi. Su una collina dicono di aver visto una figura bianca con bambino in braccio. Li invitava ad avvicinarsi. Ma ha prevalso la fifa. I sei se la son data a gambe. Inutile abbattersi: quella donna tornerà a manifestarsi. E con inedita prodigalità. Migliaia di volte.È scoppiato il caso della Gospa, la Madonna di Medjugorje. Gli ammutinati francescani se ne fanno scudo. Uno scudo che ancora regge. Benché butterato da incresciosi infortuni. Frati cacciati dall'Ordine, sospesi a divinis causa disobbedienza, ma che hanno continuato a operare in parrocchia come se niente fosse. E poi la vicenda di fra Tomislav Vlasic, figura carismatica del fortilizio medjugoriano, che venne espulso con accuse di eresia, manipolazione delle coscienze, nonché addebiti contra sextum, traduci: scappatelle sessuali. Roba così.
[...] Ma a cosa si deve lo speciale appeal che Medjugorje esercita sui pellegrini italiani? Sarebbero 600 mila l'anno. Chiedendo in giro, raccogli le seguenti spiegazioni: 1) Il santuario bosniaco attrae più di altri perché qui le apparizioni sono ancora in corso e non sigillate in un numinoso passato; 2) In Italia il culto è stato aiutato da un battage mediatico senza confronti altrove (trasmissioni tv, libri, radio religiose, testimonial di grido); 3) Il viaggio è comodo (Mistral Air effettua voli diretti sulla vicina Mostar da Napoli e Bari) e, volendo, low cost: "Andata e ritorno in pullman dalla Lombardia e sei giorni a pensione completa: 300 euro" mi dice una guida.
[...] Nelle vetrine dominano i ritratti di Wojtyla. Anche se non ci mise mai piede, fu lui il grande sponsor di Medjugorje. Per profonda devozione mariana. E perchè gli garbava assai l'idea che un nuovo, pulsante santuario cattolico aprisse una breccia nel macigno comunista. In cartolina, noto qualche foto di Bergoglio. Ratzinger, non pervenuto.
 il Venerdì di Repubblica, Marco Cicala - 14/02/2014

 
Ma la Chiesa ha davvero bisogno dei miracoli?


Le inchieste, nei tribunali ecclesiastici, hanno sempre il fine di chiarire un dubbio: an constet..., si consta di un reato, della legittima tutela di un diritto, della fondatezza di un ricorso... Quando poi di mezzo ci sono madonne, santi, miracoli, apparizioni ed altri strani fenomeni, il dubbio proposto ai giudici rimane sempre lo stesso: an constet de supernaturalitate, in casu, se consta della soprannaturalità del fenomeno sottoposto ad indagine.
E come per ogni altra sentenza anche per quelle inerenti ad accertare fatti arcani le risposte possibili sono tre. La prima: dilata et compleantur acta è interlocutoria: i giudici non sono riusciti ad acclarare nulla, e chiedono un supplemento di indagine. La seconda, quella che pone meno problemi, è negative, seu non constare de supernaturalitate, in casu: gli inquirenti hanno raggiunto il convincimento che i fenomeni analizzati sono spiegabili con le categorie della razionalità giuridica. La terza, considerata la più facilmente interpretabile, risulta invece la risposta più complessa. Infatti, se i giudici sentenziano affermative, seu constare de supernaturalitate, in casu significa che gli inquirenti non sono riusciti a trovare, facendo ricorso alle scienze umane e a quelle empiriche, alcuna spiegazione per i fatti analizzati.
Ed è proprio qui che nasce l'equivoco. Nella mentalità comune viene vista e forse anche intenzionalmente spacciata per un'approvazione, in realtà non è così: è come se la Chiesa si ritraesse dall'esprimere un giudizio lasciando liberi i fedeli di credere o meno a quanto preso in esame. E infatti, nella Chiesa cattolica nessun battezzato è obbligato a credere o meno ad alcun fenomeno soprannaturale, neanche ai cosiddetti miracoli eucaristici, e neanche alle apparizioni più care al cuore dei cattolici: Loreto, Lourdes, Fatima... E ci mancherebbe altro: solo nell'Italia degli ultimi tre decenni, sarebbero avvenute, anzi sarebbero ancora in corso, circa 150 apparizioni mariane, una trentina di stigmatizzazioni di presunti successori di Padre Pio, una cinquantina di attribuzioni divine di poteri taumaturgici ad altrettanti personaggi, in maggioranza donne. Se ci aggiungiamo gli scacciadiavoli, presto ci troveremmo tutti immersi in un Paese non di santi, ma di creduloni.
 il Venerdì di Repubblica, Filippo Di Giacomo - 14/02/2014

Fra, disegno a penna - Gianluca Salvati 2013