Visualizzazione post con etichetta Caracas. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Caracas. Mostra tutti i post

sabato 25 ottobre 2014

Una Caracas da bere: Ruben Zambrano e il Club de la Guardia | La nipote di Franco Chirico

Quando ripresi a lavorare nel gennaio 2005, ripresi anche le uscite serali in quel di Caracas. Una Caracas da bere.
Il collega di uscite, Giuseppe Rinaldi, era ritornato dall'Italia più baldanzoso che mai. Baldanzoso è il termine adatto per uno sovrappeso che ami danzare la salsa e gli altri balli latinoamericani... Il bello è che se la cavava piuttosto bene.
Io ero debole e necessitavo ancora di riposo, ma avevo anche bisogno di vedere un po' di vita, dato che ero fresco reduce dal mondo dei morti, o degli spiriti, se preferite. Fortunatamente avevo ricominciato la scuola di mercoledì, per cui il fine settimana arrivò prima. Giuseppe mi disse che era in contatto con Ruben Zambrano, l'insegnante di educazione motoria del Codazzi. Quando ci vedemmo al solito bar di plaza Chacaito, Giuseppe mi disse che Ruben gli aveva scritto un messaggio. Il prof era in serie difficoltà: lo assediavano varie femmine e richiedeva il nostro intervento. Più che un messaggio pareva un Sos...
Come potevamo rifiutare?
Terminammo le nostre birre e ci mettemmo in viaggio. Destinazione: Club de la Guardia.
Raggiungemmo il nostro collega, originario di Merida, ancora incolume che ci presentò una intera comitiva di gente. Almeno tre figliole erano di mio gradimento.
Il Club de la Guardia era una sorta di dopolavoro dell'esercito venezuelano. Era distribuito su un'area abbastanza grande e si entrava solo per conoscenza. Non mi dispiaceva perché era per lo più all'aperto, semplice e popolare. La musica non era chiassosa, e pazienza se c'era solo musica locale. Era un luogo ideale per chi sapeva ballare i ritmi caraibici.
Il gruppo di Ruben era situato in una zona che terminava con un cortile. Sul muro di quel cortile era dipinto a lettere cubitali la scritta "Barinas linda!". Omaggio al paese che ha dato i natali al presidente Chavez. Alcune amiche di Ruben mi fecero un corso accellerato di salsa venezuelana. Molto istruttivo, anche se sono stato un pessimo allievo.
Ad un certo punto della serata, me ne andai a fare un giro per il club. C'erano zone poco illuminate con cespugli e aiuole ed altri spazi coperti dove la gente ballava. Nel complesso dava l'idea di un luogo molto frequentato ma tranquillo. 

Durante il mio giro di ricognizione vidi, per la prima volta, la nipote di Franco Chirico. Era il 14 gennaio del 2005. La vidi senza conoscerla e senza essere visto in quanto parlava animatamente con una ragazza della comitiva. Una di quelle che mi piacevano, per intenderci. 
Forse fu proprio per cercare la tipa che vidi la nipote di Franco Chirico, massimo editore del Cammino Neocatecumenale e amico personale di Kiko Arguello. 

Franco Chirico e la setta neocatecumenale

Parlava la sciacquetta, in una zona poco illuminata, ma più precisamente impartiva istruzioni. Aveva 25 anni circa, gli occhiali e i capelli castani non molto lunghi, legati dietro con una piccola coda. Aveva lo stesso piglio della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas), ovvero lo stesso modo del cazzo di blaterare senza ascoltare. Odiosa solo a vedersi.
Quello del Club della Guardia è stato il primo di 3 incontri certi, che ho avuto con quella troia della nipote di Franco Chirico. ma non escludo di averla avuta tra i piedi in diverse altre occasioni, dal momento che aveva frequentato la scuola "Agustin Codazzi" e abitava a due passi da casa mia...

venerdì 3 ottobre 2014

Uomo che saluta: un pittore napoletano a Caracas | Collezione Franco Chirico

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicchè, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.

Uomo che saluta, olio su tela 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

mercoledì 25 giugno 2014

Caracas, dicembre 2004 | La famiglia di Franco Chirico

Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas Venezuela. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi aveva quasi stroncato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. 
Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... 
Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da laggiù.

Caracas, dicembre 04
Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.

Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi
Prescrizione Sanitas (Venezuela) - 4/1/2004

Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.  
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta. 
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano. 
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira (quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara e a me le zanzare mi adorano. 
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
 Mentre allora presi per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita. Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero.

giovedì 19 giugno 2014

Cammino Neocatecumenale: Franco Chirico va al "campo dei preti" - I Rogazionisti della Pineta e Franco Chirico

Anni fa, prima che Franco Chirico si desse alla filantropia (acquistandomi ben 2 quadri nel 1997) lo vidi dirigersi verso il campo dei preti con la chitarra in spalla. Era una domenica pomeriggio, si era in primavera ed io prendevo il caffé fuori il balcone, quando vidi passare Franco Chirico così conciato: camicia bianca smanicata, pantaloni e scarpe scuri. E quella chitarra in spalla che era tutto un programma...
C'era una notevole distonia fra scopo e intenzione. Verosimilmente il Chirico si dirigeva al campo dei preti, la parrocchia dei Rogazionisti alla Pineta, dove ci sono anche un parco e i campi sportivi... lì il Chirico opera in qualità di responsabile della comunità neocatecumenale del quartiere. (Inoltre Franco Chirico è il principale editore del Cammino Neocatecumenale). 

Il tipo pareva assai scoppiato come se stesse dirigendosi ad un proprio personale calvario, con la chitarra al posto della croce. O stesse andando a prendersi a botte (a chitarrate in testa) con qualcuno, probabilmente un fariseo
Per chi non lo sapesse, i neocatecumeni sono in costante colluttazione, fisica e mentale, con il diavolo. 
E forse il Chirico stava andando ad affrontare il diavolo in persona...

Cammino Neocatecumenale: Franco Chirico va al campo dei preti

Il problema per questo tipo di sistemi è stabilire chi è il diavolo e come contrastarlo... 
In genere è un processo che viene calato dall'alto, in virtù di strane dinamiche, esoteriche, da parte di chi di quei sistemi è a capo.
Quindi ecco il Chirico, vecchia conoscenza dei salesiani, che si appresta a compiere il proprio dovere di buon cristiano, come un automa. Forse un tantino impacciato dai tanti fili che lo manovrano, ma un vero soldato non si pone domande.

Esoterismo: (dal greco esoterikós = interno) dottrina riservata ad un numero ristretto di iniziati, i discepoli. Esoterico è l’aggettivo con cui si indica tale carattere di segretezza, mentre essoterico (dal greco exoterikós = esterno) definisce il carattere pubblico di altri insegnamenti. 
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

mercoledì 22 gennaio 2014

Storie dell'altro mondo | Guido Brigli e Rai international | Franco Chirico, la cricca del Codazzi & rete Globovision

Durante il primo mese di lavoro al Codazzi, si presentò in classe un tipo con la telecamera professionale nel bel mezzo di una lezione. Costui era un cameramen della televisione italiana, la vecchia e mai troppo rimpianta Radio Televisione Italiana, Rai. Mi chiese se poteva fare riprese ed io non gli risposi favorevolmente... oddio, proprio non ricordo cosa gli avessi risposto, ma il cameramen non si sentì il benvenuto nella mia classe, infatti non lo era. Allora si affacciò dall'uscio della classe un tipo dal volto oblungo, ben vestito e pettinato, che si presentò come il capo della Giunta Direttiva del Codazzi, Guido Brigli. 

La cricca Codazzi e Rai international, Colegio "Agustin Codazzi" - Caracas
Mi disse che il tipo che si autoinvitava era il cameramen della Rai, rai international, per la precisione. Mi chiese se poteva entrare a fare delle riprese in classe. Non ero ancora molto convinto, ma come potevo rifiutarmi a quello che si presentava come il capo della baracca? Dunque acconsentii, senza sentirmi in dovere di fare gli onori di casa. Quindi ignorai l'addetto che scrutava e registrava col suo apparecchio. Gli alunni fecero altrettanto e continuarono a lavorare come se nulla fosse accaduto.
A ripensarci, avrei potuto obiettare che non potevano presentarsi di punto in bianco e che avrebbero dovuto almeno avvisarmi prima. Giusto per stopparli, perché come avrei imparato in seguito, quella gente proprio non aveva idea di cosa fosse il rispetto altrui...
 
Ad ogni modo, cosa cercava di dimostrare quell'emerita testa di cazzo di Guido Brigli? 
Che loro, quelli della cricca Codazzi, oltre ad essere ben vestiti e pettinati, disponevano anche di un certo potere? Stava forse cercando d'impressionarmi, quel burattino incravattato?

Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".


ps i nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la scuola Agustin Codazzi di Caracas

venerdì 17 gennaio 2014

"Le Pharaon", olio su tela | Ministero degli Esteri - Viaggiare sicuri... La nipote di Franco Chirico

Le Pharaon, olio su tela - Gianluca Salvati - Caracas 2005
Il quadro Le Pharaon è un olio su tela realizzato a Caracas fra il febbraio e il maggio del 2005. Il dipinto si ispira sia a quell'autentico capolavoro che è il Cristo morto di Andrea Mantegna sia alla foto di Che Guevara ammazzato dai fascisti al soldo degli yankee.

Il tema non è casuale, pochi mesi prima di realizzarlo, tra il Natale 2004 e l'epifania 2005, avevo subito un avvelenamento che mi aveva tenuto appeso ad un filo per diversi giorni.
Non solo l'avvelenamento non era un fatto casuale ma era piuttosto eccezionale che per quei tempi, chiamato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, fossi ancora senza contratto di lavoro; di conseguenza, dal 27 dicembre diventatai anche clandestino a tutti gli effetti.
Clandestino e moribondo.

Come ho capito in seguito, non era un caso che fossi stato chiamato ad insegnare a Caracas dalla funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco, la fuorilegge. Questo trattamento anticostituzionale da parte di una funzionaria della Pubblica Amministrazione, non ha impedito nel 2008, ad alcuni porci fascisti di quello stesso ministero, detto anche Farnesina, di diffamarmi. Ero ritornato a Caracas per riscuotere l'assegno della causa vinta contro il Codazzi e mi ero rivolto prima alle istituzioni italiane presenti sul territorio e successivamente all'unità di crisi ministero stesso, contattata dai miei familiari. E quale sorpresa vedere che tutte le mie affermazioni venivano costantemente distorte e rivolte contro di me, in sostanza quegli infami patentati mi stavano facendo passare per paranoico, quelle specie di impotenti, cornuti figli di troia che si nascondono dietro l'istituzione del Ministero degli Affari Esteri. 

Non avevo immaginato che potesse esserci un'unica mafia a gestire il tutto da Roma al Venezuela. Ma tant'è: non si finisce mai d'imparare...
Le sorprese non finiscono qui.

Al mio arrivo a Caracas nel 2004, avevo scoperto che un conoscente dei miei genitori, l'editore dei neocatecumeni Franco Chirico, aveva famiglia proprio nel quartiere dove avevo trovato lavoro e abitazione. 
Franco Chirico, quel sant'uomo, ha sempre minimizzato sulla questione sia coi miei genitori che con i miei familiari.
Di fatto, quando ho conosciuto nel 2008 la nipote di Franco Chirico, la sensazione che quella tipa insignificante fosse una presenza alquanto familiare per me, ovvero di aver avuto quella sciacquetta davanti ai coglioni in diverse occasioni, ecco: quella sensazione lì è stata molto netta e precisa.
Franco Chirico è il principale editore della setta cattolica dei neocatecumeni ed è amico di Kiko Arguello.
Kiko Arguello, già ex pittore fallito, è il leader del movimento del Cammino Neocatecumenale e loro santino ante litteram.
Sono anni ormai, più di venti, che Franco Chirico col suo gruppo di neocatecumeni è ospite della parrochia dei padri Rogazionisti alla Pineta di Napoli. 

mercoledì 15 gennaio 2014

Droga e burundanga | Lonely Planet: una guida riveduta e corretta | Enrico De Simone e la fidanzata di Carlo Fermi

Droga
La presenza di cocaina colombiana in Venezuela è in aumento. Non solo, il paese è uno dei punti di transito della droga diretta in Europa e negli Stati Uniti. Il numero degli abitanti locali coinvolti nel traffico di stupefacenti è in crescita, così come la corruzione e gli altri crimini connessi a questi affari illeciti. Fortunatamente, non è ancora giunta notizia di turisti ai quali sia stata messa addosso della droga per estorcere loro denaro.
[...] Recentemente si sono verificati casi isolati di turisti drogati con la burundanga, una sostanza stupefacente diffusa e prodotta in Colombia. La burundanga è utilizzata dai ladri per privare le loro vittime di qualsiasi capacità di reazione e ripulirle senza incontrare alcuna resistenza. Essendo inodore e insapore, può essere aggiunta praticamente a ogni sostanza (dolci, sigarette, gomma da masticare, alcolici, birra) e pertanto è estremamente facile da somministrare. In caso di situazioni sospette, pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una bibita da una persona appena conosciuta.
tratto da Lonely Planet Venezuela (ed. italiana - settembre 2001)

Burundanga
Il burundanga è un'altra sostanza che è bene conoscere. Si tratta di una droga ottenuta da un albero molto diffuso in Colombia e usata dai ladri per inibire la capacità di reazione delle proprie vittime. Non avendo un odore o un sapore particolari, può essere aggiunta a caramelle, sigarette, chewing gum, liquori, birra - praticamente a tutti i cibi e le bevande.
L'effetto principale di una dose è quello di azzerare la volontà pur lasciando il soggetto del tutto cosciente. A quel punto il ladro può farsi consegnare qualsiasi oggetto di valore dalla vittima, che obbedirà senza opporre resistenza. Sono agli atti numerosi casi di stupro avvenuti dopo la somministrazione del burundanga. Altri effetti sono perdita di memoria e sonnolenza, che possono durare da alcune ore a qualche giorno. Un'overdose può risultare letale.
Il burundanga non viene usato soltanto a danno dei turisti stranieri: ne sono vittime anche molti colombiani, ai quali in questo modo viene sottratta l'automobile o svaligiata la casa.
Pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una birra da un nuovo 'amico'.
tratto da Lonely Planet Colombia (ed. italiana - marzo 2003)

Minerva Valletta, factotum dell'ass. Agustin Codazzi
Una conoscente mi aveva parlato della burundanga nel 2006 (a Caracas), durante un'uscita con Enrico De Simone.  La tipa in questione era una psicologa ed era anche la fidanzata di un conoscente, Carlo Fermi, un milanese che lavorava a contratto presso l'ambasciata italiana a Caracas. Secondo la fidanzata colombiana di Carlo Fermi, l'utilizzo di questa sostanza era in aumento esponenziale: come terapeuta, si trovava ad affrontare diversi casi di persone che ne erano state vittime, specialmente in merito agli stupri. 
Mi disse, tra l'altro, che la burundanga non lascia tracce e spesso veniva utilizzata soffiandola verso la vittima.
Di questo utilizzo della burundanga, somministrata per inalazione, ho avuto conferma nel 2008, quando sono ritornato a Caracas. I luoghi in cui questa sostanza viene utilizzata più spesso, sono soprattutto i centri telefonici con cabine.
Gianluca Salvati

p.s.  neanche un accenno a questa sostanza nell'attuale edizione italiana della guida Lonely Planet Venezuela; si parla degli inconvenienti molto generici e comuni alle grandi città: il traffico, lo smog, questi si che sono pericoli da evitare !! 

venerdì 15 novembre 2013

La setta cattolica dei neocatecumeni | Il Cammino Neocatecumenale e le gerarchie ecclesiastiche | Franco Chirico & Kiko Arguello

Nell'ottobre del 2008, mio zio prete compiva 50 anni di sacerdozio. Per l'occasione, la Curia di Napoli offriva un pranzo per i sacerdoti che avevano raggiunto tale meta. L'appuntamento per il lieto evento era in un dato luogo di Napoli: un pulmino della Curia, col vescovo, avrebbe prelevato i preti per portarli a destinazione.
Così andarono, più o meno, le cose.

Il pulmino era pieno e, l'unico posto libero, era davanti, proprio vicino al vescovo: mio zio andò a sedersi di fianco al vescovo. Da premettere che non è mai stato tenuto in grande considerazione da parte delle “alte sfere”... Durante il tragitto, molto casualmente, ma molto opportunamente, il vescovo prese a lamentarsi dei neocatecumeni: “Il vescovo aveva il dente avvelenato nei confronti dei neocatecumeni...”, mi riferì mio zio. E lui che aveva frequentato comunità neocatecumenali sin dal 1982, trovò pacifico prenderne le difese, motivando tutta una serie di argomentazioni a loro favore.
Ora, per chi abbia un po' di senso critico, non è difficile notare le storture di questa setta, perché di setta si tratta, primo fra tutti l'obbligo alla segretezza e all'obbedienza, con tutto quello che ne consegue. La maggior parte delle “riunioni” dei neocatecumeni si tengono a porte chiuse e dato che costoro utilizzano le strutture e gli spazi che le parrocchie di riferimento gli mettono a disposizione, va da sé che la gerarchia ecclesiastica può solo fingere di non vedere (non sentire e non parlare) nei confronti delle merdate che la setta mette a segno in tal modo.

In poche parole, la setta noecatecumenale sta facendo il lavoro sporco per conto delle gerarchie ecclesiastiche, il cui motto è: “Non
sento, non vedo e non parlo e, se occorre, mi turo anche il naso...”. Alla fine il riconoscimento arriva sempre.
Se si pensa agli altri movimenti retrogradi che influenzano in questo momento la Chiesa, dall'Opus Dei alla Compagnia delle Opere, fino al Cammino Neocatecumenale, ne viene fuori un quadro davvero desolante per il credente non bigotto. 



Uomo che saluta, 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
È un momento difficile per la Chiesa, si sa, le dimissioni di papa Benedetto lo stanno a dimostrare, ma non è ritornando a metodi medievali che si affronta una crisi. Anche se comprendo che la manipolazione rimane la vera specialità della Chiesa cattolica, altro che oppio dei popoli...

mercoledì 6 novembre 2013

La caduta, olio su tela | Franco Chirico e il Movimento Neocatecumenale di Kiko Arguello | Piero Golia

Nel dicembre del 1995 ero convalescente da un intervento chirurgico dovuto a peritonite e avevo ricominciato a dipingere. 
Il primo quadro che intrapresi fu un lavoro nuovo, la cui novità consisteva nell'utilizzare tre tele di diverso formato dislocate a distanze tali da comprendere l'immagine dinamica a cui facevo riferimento. L'immagine era la solita foto di calciatori presa dal giornale del lunedì, ma quella foto aveva un suo epos...
Il quadro iniziato in quel dicembre del 1995, dopo l'intervento di peritonite, era La caduta.
Dopo un paio di mesi quel quadro era bell'e terminato. Lo portai giù e lo attaccai sulla parete dell'ingresso. Mi pareva che funzionasse, aveva un nonsoché...

La caduta, part. olio su tela - Gianluca Salvati - 1996
In quel periodo, i miei genitori tennero un incontro con alcuni fratelli della comunità del Cammino Neocatecumenale, altrimenti detti neocatecumeni. Franco Chirico era il responsabile di quella comunità di Cammino Neocatecumenale, ma lì, quella sera, non c'era. C'erano in tutto sei o sette persone, compresi i miei genitori. Quando tornai da fuori incassai i complimenti entusiasti di un loro fratello di comunità. Quel signore si era talmente incantato davanti al quadro La caduta che, stando al racconto dei miei genitori, aveva seguito le letture distrattamente. Dissi a quel signore che, qualora avessi partecipato ad una mostra, gli avrei fatto pervenire l'invito.
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile di quella comunità neocatecumentale è anche il principale editore di quel movimento fondato da Kiko Arguello. Per intenderci, Franco Chirico è amico di Kiko.

Quando, nella primavera del 1996,
ebbi pronti un po' di lavori, li fotografai e portai le foto in accademia per mostrarle al prof e ai colleghi. Era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso del Libero Nudo, dunque il lavoro lo mostrai anche a lui e non solo ai colleghi "storici" dell'accedemia. Nel complesso il quadro La caduta riscontrava un certo favore, in particolare tra le persone del cui giudizio mi fidavo. Eppure, quando si trattò di propormi per una personale, nel giugno 1996, il prof dell'accademia scartò a priori quell'opera dall'esposizione. E non ebbi spiegazioni, cosicché non mi capacitai delle motivazioni di quella scelta.

Il critico Arcangelo Izzo, quel gran testone, aveva addirittura dubitato dell'artisticità di quel mio lavoro: “Che significa?”, mi aveva chiesto. 

Ma era altrettanto vero che tutte le previsioni del suddetto capoccione si erano dimostrate meno consistenti di una bolla di sapone in una assolata giornata estiva: il riscontro della mia personale del 1996 non lasciava dubbi. 
Ciononostante il quadro La caduta è l'opera che non ho mai esposto.