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sabato 15 novembre 2014

Chiesa e libertà di insegnamento: elogio dell'ignoranza | Il primato della Chiesa: Ior, la banca vaticana | Mail art: In che mondo viviamo

Libertà di insegnamento: è uno dei principi fondamentali della concezione liberale della scuola e della cultura accolto nel nostro ordinamento repubblicano. La libertà d'insegnamento fu una conquista dello stato liberale ottocentesco: essa si propone di educare il cittadino al confronto delle opinioni, ad applicare anche nello studio lo spirito critico, ad apprezzare i vantaggi intellettuali del pluralismo ideologico e politico.
L'espressione, nel suo significato letterale, designa la libertà riconosciuta all'insegnante di esprimere le proprie convinzioni scientifiche, ideologiche ed anche politiche, purché non obblighi nessuno a seguirle e si preoccupi anzi di illustrare il ventaglio delle convinzioni diverse esistenti intorno ai medesimi argomenti. La libertà d'insegnamento trova la sua appropriata collocazione nel quadro di un insegnamento non nozionistico bensì problematico, fondato più su attività di effettiva ricerca che sulla prevalenza della facoltà mnemonica.
La posizione dello Stato liberale italiano dell'Ottocento dovette difendersi dagli attacchi della Chiesa cattolica che, dopo aver condannato nel Sillabo degli errori del nostro tempo (1864) tutte le libertà moderne (quelle di culto, di parola, di stampa e di coscienza), attaccò la libertà di insegnamento nell'enciclica De libertate humana (1888) di Leone XIII (il papa che ha fondato la banca vaticana, attuale Ior, ndr).
Scrittori e opere - Dizionario di letteratura, arte, cinema e scienze umane, Marchese/Grillini

In che mondo viviamo, mail art, 2 giugno 2011 - Gianluca Salvati

mercoledì 29 ottobre 2014

Istoria del Concilio Tridentino di Paolo Sarpi | "Il grande smascheratore" e la separazione fra Stato e Chiesa

Paolo V fece appello alla Spagna e alla Francia. Ma la Spagna sovente aveva respinto gli editti papali, ed Enrico IV di Francia era riconoscente a Venezia. Tuttavia, Enrico inviò a Venezia il giudizioso cardinale de Joyeuse, il quale studiò le formule atte a salvare la faccia dei contendenti. I preti furono consegnati all'ambasciatore francese, il quale si affrettò a consegnarli a Roma; il Senato rifiutò di abrogare le leggi contestate, ma (sperando nell'aiuto del papa contro i Turchi) promise che la Repubblica si sarebbe "comportata secondo la sua abituale devozione". Il papa sospese le sue censure, e Joyeuse dette l'assoluzione agli scomunicati. "Le rivendicazioni di Paolo V", dice uno storico cattolico, "erano di carattere troppo medievale per potere essere accolte." Fu questa l'ultima volta che un intero Stato fu sottoposto all'interdetto.
Il 5 ottobre 1607, Paolo Sarpi fu assalito da sicari, che lo lasciarono per morto. Guarì e si dice abbia osservato, in un epigramma troppo bello per essere vero: "Agnosco stilum curiae Romanae" (Stilus voleva dire in origine un ferro appuntito, quindi una punta di ferro adoperata per scrivere sulle tavolette, quindi una penna, quindi un modo di scrivere. Il diminutivo stiletto significava sia un arnese per incidere, sia un pugnaletto). 



5° non uccidere

I sicari trovarono asilo e lode negli Stati pontifici. Da allora in poi Sarpi visse tranquillo nel suo chiostro, servendo messa ogni giorno; ma quanto al suo stilus non rimase in ozio. Nel 1619 pubblicò, sotto uno pseudonimo e presso una casa londinese, la sua Istoria del Concilio Tridentino, voluminoso atto d'accusa contro il Concilio di Trento. Compì della Riforma una narrazione affatto protestante, e condannò il Concilio per aver reso insanabile lo scisma, cedendo completamente ai papi. Il mondo protestante accolse entusuasticamente il libro, e Milton chiamò il suo autore "il grande smascheratore". I gesuiti incaricarono un dotto studioso del loro ordine, Sforza Pallavicino, di scrivere un'anti-Istoria (1656-64), che denunciava, emulandoli, il partito preso e le inesattezze di Sarpi. Nonostante la loro tendenziosità, quei due libri segnarono un progresso nella raccolta e nell'impiego di documenti originali, e l'ampio sommario di Sarpi possedeva, in più, il pericoloso richiamo di un'eloquenza impetuosa. Molto in anticipo sul suo tempo, egli reclamò una separazione totale della Chiesa e dello Stato.
Will e Ariel Durant - Storia della civiltà - Le religioni lottano per il potere

sabato 28 giugno 2014

Dialettica e verità | Vito Mancuso su Florensky

"Ho cercato di comprendere la struttura del mondo con una continua dialettica del pensiero".
Dialettica vuol dire movimento, pensiero vivo, perché "il pensiero vivo è per forza dialettico", mentre il pensiero che non si muove è quello morto dell'ideologia, che, nella versione religiosa, si chiama dogmatismo.
Il pensiero si muove se è sostenuto da intelligenza, libertà interiore e soprattutto amore per la verità, qualità avverse a ogni assolutismo e abbastanza rare anche nella religiosità tradizionale. [...] La sua lezione spirituale è piuttosto un'altra: la fede non è un assoluto, è relativa, relativa alla ricerca della verità. Quando la fede non si comprende più come via verso qualcosa di più grande ma si assolutizza, si fossilizza in dogmatismo e tradisce la verità.
La dialettica elevata a chiave del reale si chiama antinomia, concetto decisivo per Florensky che significa "scontro tra due leggi" entrambe legittime. L'antinomia si ottiene guardando la vita, che ha motivi per dire che ha un senso e altri opposti. Di solito gli uomini scelgono una prospettiva perché tenerle entrambe è lacerante, ma così mutilano l'esperienza integrale della realtà. Ne viene che ciò che i più ritengono la verità, è solo un polo della verità integrale, per attingere la quale occorre il coraggio di muoversi andando dalla propria prospettiva verso il suo contrario. Conservando la propria verità e insieme comprendendone il contrario, si entra nell'antinomia.
"La verità è antinomica è non può non essere tale".
Vito Mancuso

Enza, acrilico su tavola - Gianluca Salvati - 1996

mercoledì 22 gennaio 2014

Storie dell'altro mondo | Guido Brigli e Rai international | Franco Chirico, la cricca del Codazzi & rete Globovision

Durante il primo mese di lavoro al Codazzi, si presentò in classe un tipo con la telecamera professionale nel bel mezzo di una lezione. Costui era un cameramen della televisione italiana, la vecchia e mai troppo rimpianta Radio Televisione Italiana, Rai. Mi chiese se poteva fare riprese ed io non gli risposi favorevolmente... oddio, proprio non ricordo cosa gli avessi risposto, ma il cameramen non si sentì il benvenuto nella mia classe, infatti non lo era. Allora si affacciò dall'uscio della classe un tipo dal volto oblungo, ben vestito e pettinato, che si presentò come il capo della Giunta Direttiva del Codazzi, Guido Brigli. 

La cricca Codazzi e Rai international, Colegio "Agustin Codazzi" - Caracas
Mi disse che il tipo che si autoinvitava era il cameramen della Rai, rai international, per la precisione. Mi chiese se poteva entrare a fare delle riprese in classe. Non ero ancora molto convinto, ma come potevo rifiutarmi a quello che si presentava come il capo della baracca? Dunque acconsentii, senza sentirmi in dovere di fare gli onori di casa. Quindi ignorai l'addetto che scrutava e registrava col suo apparecchio. Gli alunni fecero altrettanto e continuarono a lavorare come se nulla fosse accaduto.
A ripensarci, avrei potuto obiettare che non potevano presentarsi di punto in bianco e che avrebbero dovuto almeno avvisarmi prima. Giusto per stopparli, perché come avrei imparato in seguito, quella gente proprio non aveva idea di cosa fosse il rispetto altrui...
 
Ad ogni modo, cosa cercava di dimostrare quell'emerita testa di cazzo di Guido Brigli? 
Che loro, quelli della cricca Codazzi, oltre ad essere ben vestiti e pettinati, disponevano anche di un certo potere? Stava forse cercando d'impressionarmi, quel burattino incravattato?

Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".


ps i nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la scuola Agustin Codazzi di Caracas

sabato 18 gennaio 2014

Franco Chirico & Kiko Arguello | Quel coniglio bianco di Piero Golia - Mostra dell'Accademia di Belle Arti, Napoli

Quel coniglio bianco di Piero Golia, 1997 - Napoli

Piero Golia era intenzionato a diventare artista. Nel 1995, Piero Golia si iscrisse al Corso del Libero Nudo dell'accademia di Belle Arti di Napoli. 
Dopo aver provato, senza impegno e quindi senza risultati, a disegnare e a dipingere, Piero Golia si convertì in artista concettuale.

concettuale ‹con·cet·tu·à·le› agg. ~ Essenziale, sostanziale, dal punto di vista della compiutezza di idee sul piano logico e pratico: c’è fra le due tesi un’inconciliabilità c. ♦ Diretto alla formulazione di concetti, che si esprime mediante concetti: attività c., conoscenza c.Arte c. (ingl. conceptual art), corrente artistica contemporanea sorta intorno al 1960 che, partendo dal rifiuto della mercificazione dell’oggetto d’arte, pone l’accento sul momento dell’ideazione e progettazione dell’opera e si concentra part. sull’analisi e la sperimentazione dei vari mezzi di comunicazione e di linguaggi diversi, nel tentativo di liberarsi dalla sottomissione ai materiali.
ETIMO Dal lat. mediev. conceptualis, der. di conceptus -us ‘concetto’
DATA prima metà sec. XIX.
 il Devoto-Oli 2009

Il 9 giugno del 1997, Piero Golia, novello artista concettuale, espose un coniglio alla mostra collettiva di fine corso. La sua opera prima, frutto di un lungo e penoso processo elaborazione, non consisteva in un semplice coniglio, bensì in un coniglio bianco sistemato all'interno di una gabbietta assai precaria.

coniglio ‹co·nì·glio› s.m. (f. -a; pl.m. -gli)  1. Mammifero Lagomorfo dei Leporidi intensamente allevato a scopo alimentare e per l’utilizzazione del pelo e della pelliccia; deriva dal coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), a differenza del quale ha orecchie e arti più corti, mole più grossa, pelame più morbido e fitto, variamente colorato, carne più dolce e delicata ♦ La carne dell’animale macellato: c. alla cacciatora.
2. fig. Simbolo di timidezza e timore, di pavidità e viltà: ha un cuore di c. • DIM. conigliétto (v.), poco com. coniglìno, tosc. conìgliolo, poco com. conigliòtto. ACCR. coniglióne. PEGG. conigliàccio nel sign. 2.
ETIMO Lat. cunicŭlum
DATA sec. XII.
 il Devoto-Oli 2009

Il colpo di genio di Piero Golia si manifestò nell'applicazione di due altoparlanti vicino alla gabbietta del coniglio.

altoparlante ‹al·to·par·làn·te› s.m. ~ Apparecchio che amplifica i suoni trasformando l’energia di correnti elettriche modulate a frequenza acustica in energia meccanica di vibrazione. • DIM. altoparlantìno.
ETIMO Comp. di alto e parlante
DATA 1927.
 il Devoto-Oli 2009

Dagli altoparlanti scaturiva la voce registrata di Piero Golia, il quale, parlando al posto del coniglio bianco, chiedeva in tono concitato di farlo uscire da lì. 
Il coniglio, in compenso, non faceva una grinza e se ne stava lì dentro tranquillo nonostante il viavai di gente e il gracchiare degli amplificatori. 
La spiegazione colta di questo eccellente lavoro di Piero Golia era che il neoartista concettuale viveva una condizione esistenziale simile a quella della sua creazione. 
Piero Golia si identificava totalmente in quel coniglio (e in tutto il resto), dimostrando con la sua opera prima una compiuta visione wagneriana. L'opera d'arte totale.

Franco Chirico, altro eminente personaggio, già principale editore della setta catto-talebana dei catecumeni e amico personale di Kiko Arguello (leader e santino ante litteram della suddetta setta), Franco Chirico ha visitato quella collettiva ed ha, verosimilmente rimirato le pirotecniche invenzioni di Piero Golia. Un uomo, un artista concettuale. 

lunedì 13 gennaio 2014

Omissis: Mirko Tremaglia & Guido Brigli | Anna Grazia Greco e Piero Armenti | Franco Chirico, il sant'uomo

Nei primi mesi del 2004, è partita una campagna allarmistica sullo stato della democrazia in Venezuela. Gli articoli in questione hanno avuto un picco tra maggio e giugno del 2004, quando dalla stessa testata si domandava a gran voce cosa accadesse in Venezuela.


La campagna è culminata con una lettera di Guido Brigli, tramite Daniele Marconcini, al ministro (per gli italiani all'estero) Mirko Tremaglia.
La lettera comincia con un italianissimo omissis, che è tutto un programma di opacità e malafede.


Non entro nel vivo delle questioni sollevate, perché conoscendo il personaggio (Guido Brigli)  e chi rappresenta (l'associazione “Agustin Codazzi”), direi che il 98% dei contenuti della lettera sono fumo, il resto è cenere. Ma vorrei fare un paio di considerazioni sul contesto e su alcuni attori di questa farsa.

Caracas, maggio 2004
  •  Anna Grazia Greco è dirigente della scuola “Agustin Codazzi”, essendo venuto a mancare, nello stesso anno, il dirigente incaricato dal Mae, il professor Bruno Teodori. Da tempo Anna Grazia Greco volteggiava su Caracas come un samuro (avvoltoio locale ndr.) per tenervi non meglio precisate "conferenze"
  • Piero Armenti è appena giunto a Caracas a fare pratica di giornalismo. Vive da sua zia, poco lontano dall'appartamento che affaccia su Sabana Grande, dove avrà per vicina, molto casualmente ma molto opportunamente, M.
  • io insegno in Marocco, dove ho già detto che non sarei ritornato a lavorare per il successivo anno scolastico; inoltre, nel dicembre del 2003 è giunta una telefonata a casa mia a Napoli, da parte di una scuola in Argentina: c'è un posto di insegnante per me. Dunque metto in conto, avendone l'opportunità, di andare a lavorare in America latina
  • Franco Chirico, responsabile della comunità di catecumeni frequentata dei miei genitori da più di 20 anni, ha la famiglia a Caracas, curiosamente a poche centinaia di metri dove troverò casa. I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la scuola Agustin Codazzi, ovvero dove sono stato chiamato ad insegnare. Ciò significa che hanno frequentato quegli ambienti, almeno per 15 anni: la scuola "Agustin Codazzi" di Caracas, infatti, ha classi dalla materna alle superiori. Ma, casualmente, il sant'uomo non ne ha mai fatto cenno. 

Nulla dies sine linea, motto massonico della cricca Codazzi

venerdì 15 novembre 2013

La setta cattolica dei neocatecumeni | Il Cammino Neocatecumenale e le gerarchie ecclesiastiche | Franco Chirico & Kiko Arguello

Nell'ottobre del 2008, mio zio prete compiva 50 anni di sacerdozio. Per l'occasione, la Curia di Napoli offriva un pranzo per i sacerdoti che avevano raggiunto tale meta. L'appuntamento per il lieto evento era in un dato luogo di Napoli: un pulmino della Curia, col vescovo, avrebbe prelevato i preti per portarli a destinazione.
Così andarono, più o meno, le cose.

Il pulmino era pieno e, l'unico posto libero, era davanti, proprio vicino al vescovo: mio zio andò a sedersi di fianco al vescovo. Da premettere che non è mai stato tenuto in grande considerazione da parte delle “alte sfere”... Durante il tragitto, molto casualmente, ma molto opportunamente, il vescovo prese a lamentarsi dei neocatecumeni: “Il vescovo aveva il dente avvelenato nei confronti dei neocatecumeni...”, mi riferì mio zio. E lui che aveva frequentato comunità neocatecumenali sin dal 1982, trovò pacifico prenderne le difese, motivando tutta una serie di argomentazioni a loro favore.
Ora, per chi abbia un po' di senso critico, non è difficile notare le storture di questa setta, perché di setta si tratta, primo fra tutti l'obbligo alla segretezza e all'obbedienza, con tutto quello che ne consegue. La maggior parte delle “riunioni” dei neocatecumeni si tengono a porte chiuse e dato che costoro utilizzano le strutture e gli spazi che le parrocchie di riferimento gli mettono a disposizione, va da sé che la gerarchia ecclesiastica può solo fingere di non vedere (non sentire e non parlare) nei confronti delle merdate che la setta mette a segno in tal modo.

In poche parole, la setta noecatecumenale sta facendo il lavoro sporco per conto delle gerarchie ecclesiastiche, il cui motto è: “Non
sento, non vedo e non parlo e, se occorre, mi turo anche il naso...”. Alla fine il riconoscimento arriva sempre.
Se si pensa agli altri movimenti retrogradi che influenzano in questo momento la Chiesa, dall'Opus Dei alla Compagnia delle Opere, fino al Cammino Neocatecumenale, ne viene fuori un quadro davvero desolante per il credente non bigotto. 



Uomo che saluta, 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
È un momento difficile per la Chiesa, si sa, le dimissioni di papa Benedetto lo stanno a dimostrare, ma non è ritornando a metodi medievali che si affronta una crisi. Anche se comprendo che la manipolazione rimane la vera specialità della Chiesa cattolica, altro che oppio dei popoli...

mercoledì 6 novembre 2013

La caduta, olio su tela | Franco Chirico e il Movimento Neocatecumenale di Kiko Arguello | Piero Golia

Nel dicembre del 1995 ero convalescente da un intervento chirurgico dovuto a peritonite e avevo ricominciato a dipingere. 
Il primo quadro che intrapresi fu un lavoro nuovo, la cui novità consisteva nell'utilizzare tre tele di diverso formato dislocate a distanze tali da comprendere l'immagine dinamica a cui facevo riferimento. L'immagine era la solita foto di calciatori presa dal giornale del lunedì, ma quella foto aveva un suo epos...
Il quadro iniziato in quel dicembre del 1995, dopo l'intervento di peritonite, era La caduta.
Dopo un paio di mesi quel quadro era bell'e terminato. Lo portai giù e lo attaccai sulla parete dell'ingresso. Mi pareva che funzionasse, aveva un nonsoché...

La caduta, part. olio su tela - Gianluca Salvati - 1996
In quel periodo, i miei genitori tennero un incontro con alcuni fratelli della comunità del Cammino Neocatecumenale, altrimenti detti neocatecumeni. Franco Chirico era il responsabile di quella comunità di Cammino Neocatecumenale, ma lì, quella sera, non c'era. C'erano in tutto sei o sette persone, compresi i miei genitori. Quando tornai da fuori incassai i complimenti entusiasti di un loro fratello di comunità. Quel signore si era talmente incantato davanti al quadro La caduta che, stando al racconto dei miei genitori, aveva seguito le letture distrattamente. Dissi a quel signore che, qualora avessi partecipato ad una mostra, gli avrei fatto pervenire l'invito.
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile di quella comunità neocatecumentale è anche il principale editore di quel movimento fondato da Kiko Arguello. Per intenderci, Franco Chirico è amico di Kiko.

Quando, nella primavera del 1996,
ebbi pronti un po' di lavori, li fotografai e portai le foto in accademia per mostrarle al prof e ai colleghi. Era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso del Libero Nudo, dunque il lavoro lo mostrai anche a lui e non solo ai colleghi "storici" dell'accedemia. Nel complesso il quadro La caduta riscontrava un certo favore, in particolare tra le persone del cui giudizio mi fidavo. Eppure, quando si trattò di propormi per una personale, nel giugno 1996, il prof dell'accademia scartò a priori quell'opera dall'esposizione. E non ebbi spiegazioni, cosicché non mi capacitai delle motivazioni di quella scelta.

Il critico Arcangelo Izzo, quel gran testone, aveva addirittura dubitato dell'artisticità di quel mio lavoro: “Che significa?”, mi aveva chiesto. 

Ma era altrettanto vero che tutte le previsioni del suddetto capoccione si erano dimostrate meno consistenti di una bolla di sapone in una assolata giornata estiva: il riscontro della mia personale del 1996 non lasciava dubbi. 
Ciononostante il quadro La caduta è l'opera che non ho mai esposto.