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giovedì 29 ottobre 2015

Dogmatismo, principio comunemente accettato (o imposto)

Dogmatismo: (dal greco dogma = decreto, principio comunemente accettato) il termine indica nel linguaggio comune l’asserzione di verità indiscutibili come quelle sostenute dalla Chiesa. Viene usato per designare un atteggiamento mentale rigido, poco sensibile alle argomentazioni altrui ed estremamente sicuro di sé. Tale sicurezza è però solo apparente, giacché serve a nascondere una scarsa fiducia proprio nelle idee che vengono difese con tanto accanimento. Il dogmatismo – che può manifestarsi sia sul piano politico come in relazione ai vari problemi della convivenza umana – porta necessariamente con sé l’intolleranza ed esprime in definitiva uno scarso rispetto per il contributo di pensiero che può venirci dagli altri.
Sul piano pedagogico e nel campo degli studi il dogmatismo è semplicemente deleterio, ed è perciò che ad esso si è sempre opposto strenuamente il liberalismo seguito dai migliori rappresentanti della pedagogia positivistica. “C’è chi crede – scrive A. Gabelli – che la libera osservazione possa generare un’audace licenza di spirito, cui vengono seguaci l’orgoglio, e la ribellione. Più probabile è invece, e la storia lo prova, che questi mali nascano dal dogmatismo. [...] Il dogmatismo esalta ed inebria il pensiero nell’atto medesimo in cui l’opprime, perché non gli consente di provar le sue forze, lo lascia ignaro di queste, ma anche delle sue debolezze, non gli oppone un ritegno, non gli fa sentire un freno nella realtà […] io ho sempre trovato che i malevoli sono quelli che vivono chiusi in un mondo di loro fabbrica, i fantastici, i dogmatici, gli assolutisti del pensiero, gli intolleranti, tutti quelli cui manca l’abitudine della critica e quel sentimento dolcemente malinconico, che nasce dalla meditata esperienza delle cose umane”.
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia


Abito talare da prete


venerdì 27 febbraio 2015

Seneca e Paolo di Tarso | La Chiesa e il falso carteggio con la Stoà

Già un secolo prima di Marco Aurelio lo stoicismo si era avvicinato al trono imperiale, quando Seneca era diventato anzitutto l'educatore del giovane Nerone, e poi il suo prin­cipale consigliere politico e speechwriter, quando questi ascese al trono nel 54. Nerone non era naturalmente Ales­sandro Magno, né Seneca era Aristotele, ma i due reinter­pretarono comunque il copione del sodalizio fra il grande filosofo e il giovane imperatore, fino a quando il primo cad­de in disgrazia e il secondo lo condannò al suicidio nel 65. Sentenza che Seneca eseguì, naturalmente, con stoica sere­nità, sulla base di un altro classico principio stoico: «Accet­tare volontariamente l'inevitabile »,
Marco Aurelio e Seneca sono esponenti della cosiddetta «ultima Stoà», concentrata prevalentemente su problemati­che morali e spirituali, e rappresentante una sorta di religio­ne laica e colta: in alternativa, dunque, a quella clericale e «cretina», che dapprima cercò di annettersela inventandosi un apocrifo carteggio tra Seneca e Paolo di Tarso, e poi riu­scì a scalzarla in base al principio che a diffondersi in epi­demie sono le malattie infettive e non la salute, fisica o mentale che sia.
Ai fini della logica a noi interessa, però, la «prima Stoà »: quella fondata ad Atene verso il 300 p.e.V. dal ci­priota Zenone di Cizio, che non va naturalmente confuso col precedente eleatico. Essa prese il nome dalla stoà poiki­le, il «portico dipinto» nel quale aveva sede, e divenne pre­sto il terzo polo della vita culturale ateniese.
L'importanza che le tre scuole mantennero a lungo nella vita della città è testimoniata dal fatto che i Greci, quando dovettero inviare una missione diplomatica a Roma nel 156 p.e.V., dopo la conquista romana della Macedonia, non tro­varono niente di meglio che scegliere Carneade (il manzoniano «chi era costui?») dall'Accademia, Critolao dal Li­ceo, e Diogene dalla Stoà.
Tra parentesi, i tre si fecero onore: arrivati a Roma, ini­ziarono i giovani Romani alle loro dottrine, ed ebbero tanto successo che Catone li fece immediatamente rispedire a ca­sa, per paura che la filosofia finisse col provocare una disaf­fezione verso la vita militare. D'altronde, un Censore non poteva che preferire la militarizzazione dei civili alla civi­lizzazione dei militari.
Per tornare alla Stoà, l'esponente più importante fu il suo terzo rettore, il fenicio Crisippo di Soli, vissuto nel terzo se­colo p.e.V. Stilisticamente, sembra non fosse un granché: d'altronde, veniva da una città che aveva ispirato il termine soloikismos, «solecismo », usato ancor oggi nel senso di «sgrammaticatura ». Quanto a produzione, invece, doveva essere un vero grafomane, visto che scriveva 500 righe al giorno: ovvero, l'equivalente dell'intera opera di Aristotele ogni due anni e mezzo, e 700 libri in tutta la vita, un centi­naio dei quali dedicati alla logica.
Tutti questi libri sono oggi perduti, come del resto quelli dell'intera scuola. La quale, per una serie di ragioni, com­presa quella già accennata della competizione etica col Cri­stianesimo, finì per essere completamente rimossa. Al pun­to che oggi di Accademie e Licei è pieno il mondo, ma non c'è neppure una Stoà. È rimasto l'aggettivo «stoico», usato però quasi esclusivamente nel senso di distacco e sopporta­zione al quale abbiamo già accennato.
Piergiorgio Oddifreddi, Le menzogne di Ulisse


Pseudo Seneca

giovedì 30 ottobre 2014

La sola rivoluzione, J. Krishnamurti - Meditazione e dualismo | Verità, rivelazione e condizionamento: l'armamentario della religione organizzata

[...]  Lasciamo stare se l'interlocutore sia un indiano educato in questa tradizione, condizionato in questa cultura, e se sia la sintesi di questa antica dottrina. Prima di tutto egli non è un indiano, cioè non appar­tiene a questa nazione o alla comunità dei brahmini, sebbene vi sia nato. Nega la stessa tradizione di cui è stato investito. Nega che la sua dottrina sia la continuità degli insegnamenti antichi. Non ha letto nessuno dei libri sacri dell'India o dell'Occidente, perché sono inutili a un uomo che è consapevole di ciò che avviene nel mondo - della con­dotta degli esseri umani con le loro interminabili teorie, con la ben accetta propaganda di duemila o cinquernila anni che è diventata la tradizione, la verità, la rivelazione. 

Alberi, monte, nuvola, cielo settembrino
Per un uomo simile, il quale si rifiuta totalmente e completamente di accettare il mondo, il simbolo con il suo condizionamento, la verità non è un affare di seconda mano. Se voi lo aveste ascoltato, signore, non vi sarebbe sfuggito che fìn dall'inizio ha detto che ogni accettazione di autorità è la negazione stessa della verità, e che ha insistentemente affermato che è necessario essere al di fuori di ogni cultura, tradizione e morale sociale. Se aveste ascoltato, non direste che è un indiano o che continua la tradizione antica in termini moderni. Egli nega total­mente il passato, i suoi maestri, i suoi interpreti, le sue teorie e le sue formule.
La verità non è mai nel passato. La verità del passato è la cenere della memoria; la memoria procede dal tempo e nella morta cenere dell'ieri non c'è verità. La verità è una cosa vivente, ma non nella sfera del tempo.
Così, lasciando stare tutto ciò, possiamo ora passare all'argomento centrale che voi postulate, il Brahman. Sicuramente, signore, la stessa asserzione è una teoria inventata da una mente ricca di immaginazione - sia essa Shankara o il dotto teologo moderno. Si può sperimentare una teoria e dire che è così. Ma un uomo che sia stato educato e condizionato nel mondo cattolico non può avere che visioni di Cri­sto, le quali ovviamente sono la proiezione del suo condizionamento, così come coloro che sono stati educati nella tradizione di Krishna hanno esperienze e visioni nate dalla loro cultura. Così l'esperienza non prova nulla. Riconoscere la visione come Krishna o Cristo è il risul­tato di una conoscenza condizionata; quindi non è affatto una realtà, ma una fantasia, un mito, a cui l'esperienza dà vigore, ma che non ha validità. Perché avete bisogno a ogni costo di una teoria e perché postulate una credenza? Questo voler porre costantemente la neces­sità della credenza è un sintomo di paura - paura della vita di ogni giorno, paura del dolore, paura della morte e dell'assoluta mancanza di significato della vita. Vedendo tutto ciò, voi inventate una teoria e quanto più questa è abile ed erudita tanto più ha peso. E dopo due­mila o diecimila anni di propaganda quella teoria invariabilmente e scioccamente diviene 'la verità'.
Ma se non postulate alcun dogma, allora vi trovate faccia a faccia con ciò che realmente è. Il 'ciò che è' è il pensiero, il piacere, il dolore e la paura della morte. Quando capirete la struttura della vostra vita quotidiana - con la sua competizione, avidità, ambizione e sete di potere - allora vedrete non solo l'assurdità di teorie, salvatori e guru, ma forse troverete una fine al dolore, una fine all'intera struttura costruita dal pensiero.
La penetrazione e la comprensione di questa struttura è la meditazione.
Allora vedrete che il mondo non è una illusione, ma una terri­bile realtà costruita dall'uomo nel suo rapporto col suo simile. Sono queste le cose che vanno capite e non le vostre teorie del Vedanta, con i riti e tutto l'armamentario della religione organizzata.
Quando l'uomo è libero, senza alcun motivo di paura, di invidia o di dolore, allora soltanto la mente trova la sua pace naturale. Allora può vedere non solo la verità nella successione degli attimi della vita quotidiana, ma anche trascendere la percezione. Allora si ha la fine dell'osservatore e dell'osservato, e la dualità cessa.
Ma di là da tutto ciò e senza alcun rapporto con questa lotta, con questa vanità e disperazione, c'è - e non è una teoria - una cor­rente che non ha né principio né fine, un movimento infinito che la mente non saprà mai cogliere.
Ovviamente, signore, voi farete una teoria di ciò che avete ascol­tato, e, se questa nuova teoria vi piacerà, la diffonderete. Ma ciò che diffondete non è la verità. La verità è solo quando voi siete libero dal dolore, dall'ansia e dall'aggressività che ora riempiono il vostro cuore e la vostra mente. Quando vedrete tutto ciò e quando incontrerete quella benedizione chiamata amore, allora conoscerete la verità di ciò che ora vi viene detto.
La sola rivoluzione, J. Krishnamurti

venerdì 3 ottobre 2014

Uomo che saluta: un pittore napoletano a Caracas | Collezione Franco Chirico

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicchè, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.

Uomo che saluta, olio su tela 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

martedì 24 giugno 2014

Il seme della verità | J. Krishnamurti, discussioni con David Bohm | Franco Chirico e il Cammino Neocatecumenale

K. - Se si pianta un seme di verità, esso deve operare, crescere, funzionare, avere una sua vita.
B. - Molti milioni di persone probabilmente hanno letto o sentito quel che dite. Eppure sembra che gran parte di loro non abbia capito. Pensate che alla fine riusciranno tutti a vederlo?
K. - No, ma la cosa va avanti, essi se ne preoccupano, e si chiedono, “Cosa intende dire con ciò?”. Il seme funziona, cresce, non è morto. Potete dire il falso e anche quello opera.
B. - Sì, ma ora abbiamo una lotta fra i due e non possiamo prevederne l’esito; non possiamo essere sicuri del risultato.
K. - Avete piantato in me il seme: “La Verità è un terreno senza sentieri”. E ancora un altro seme è piantato nella mia coscienza: “Ecco la strada che porta alla verità, seguimi”. Uno è falso, uno è vero. Entrambi sono conficcati nella mia coscienza. Così avviene una lotta. Il vero e il falso operano entrambi, e se sono sufficientemente sensibile ciò crea più confusione, più miseria e molta sofferenza. Che accade se non fuggo da quella sofferenza?
B. - È chiaro quel che accadrà se non fuggite. Avrete l’energia l’energia per vedere ciò che è vero.

Verità e realtà, J. Krishnamurti discussione con David Bohm,
professore di fisica teorica all’Universita di Londra


Cammino Neocatecumenale - Franco Chirico: "Ecco la strada che porta alla verità, seguimi"

giovedì 9 gennaio 2014

Storia di un quadro | "La gioia 2" (la vendetta) - Franco Chirico principale editore del Cammino Neocatecumenale

Nella primavera del 1996, il prof del corso di disegno, mi propose di fare una mostra personale. Qualche tempo dopo, un caro amico mi disse che una galleria di via Orazio, Dina Carola, era in cerca di nuovi artisti. I giorni seguenti andai a fare una visita a quella galleria con un blocchetto di foto dei miei quadri. 
Quando arrivai la gallerista non c'era, aveva avuto un impegno. La sostituiva una signora grassoccia e bionda di mezza età. Ampi quadri slavati alle pareti dovevano interpretare dei nudi di donna, bianco su bianco, nel 1996. La sostituta guardò distrattamente le foto dei miei lavori. Mi chiese se c'erano critici che seguivano il mio lavoro. Alla mia risposta negativa, mi indirizzò ad un critico che abitava a Barra, Arcangelo Izzo. 
Nell'arco di dieci giorni andai a fare visita a quel critico, col solito blocchetto di foto.
Non ho parole per commentare quell'incontro e la valutazione che quell'eminente capoccione fece dei miei lavori. Sembrava che dovessi chiedergli il permesso di esistere, ciononostante ero ancora troppo ben educato per mandarlo a cagare. Così, quel fottuto nano gridò per tutto il tempo e mi rovesciò addosso una valanga di critiche, di cui l'89 per cento, a voler essere ottimisti, erano gratuite e pretestuose.
Prima di andare via, mi ero soffermato su un paesaggio simil-astratto che Arcangelo Izzo aveva nel salotto. 
Ero piuttosto provato, ma solo perché non capivo. Beninteso: ce ne vuole per abbattermi.

Poche settimane dopo tenni la mia prima personale, il cui bilancio fu assolutamente positivo, sia in termini di vendita che di riscontro critico. Avevo venduto più della metà dei pezzi esposti, in un periodo in cui vendere un solo quadro era considerata una fortuna. I visitatori erano stati dei più vari ed eterogenei, dai prof dell'accademia di belle arti, che per la maggior parte non mi conoscevano, agli studenti. Inutile dire che Piero Golia c'era, aveva visto la mostra assieme ai colleghi del Corso di Nudo.
Quando mi vide Franco Chirico, con quella voce monocorde che sembra provenire direttamente dall'oltretomba, mi disse: "Adesso non ti insuperbire..."
Lo devo ammettere: a quei tempi ero decisamente troppo educato...
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile della comunità dei neocatecumeni di S. Antonio alla Pineta è anche il principale editore di quella setta cattolica dei capitanata da Kiko Arguello, che Franco Chirico conosce personalmente.

Ripensando al critico, mi veniva da dire che costui aveva aperto bocca e gli aveva dato fiato... Questa la sintesi dell'incontro con Arcangelo Izzo.


La gioia 2 (la vendetta) - Gianluca Salvati
Lo sfondo di Uomo che saluta è ripreso da quel paesaggio semi astratto che vidi nello studio di Arcangelo Izzo. 

venerdì 15 novembre 2013

La setta cattolica dei neocatecumeni | Il Cammino Neocatecumenale e le gerarchie ecclesiastiche | Franco Chirico & Kiko Arguello

Nell'ottobre del 2008, mio zio prete compiva 50 anni di sacerdozio. Per l'occasione, la Curia di Napoli offriva un pranzo per i sacerdoti che avevano raggiunto tale meta. L'appuntamento per il lieto evento era in un dato luogo di Napoli: un pulmino della Curia, col vescovo, avrebbe prelevato i preti per portarli a destinazione.
Così andarono, più o meno, le cose.

Il pulmino era pieno e, l'unico posto libero, era davanti, proprio vicino al vescovo: mio zio andò a sedersi di fianco al vescovo. Da premettere che non è mai stato tenuto in grande considerazione da parte delle “alte sfere”... Durante il tragitto, molto casualmente, ma molto opportunamente, il vescovo prese a lamentarsi dei neocatecumeni: “Il vescovo aveva il dente avvelenato nei confronti dei neocatecumeni...”, mi riferì mio zio. E lui che aveva frequentato comunità neocatecumenali sin dal 1982, trovò pacifico prenderne le difese, motivando tutta una serie di argomentazioni a loro favore.
Ora, per chi abbia un po' di senso critico, non è difficile notare le storture di questa setta, perché di setta si tratta, primo fra tutti l'obbligo alla segretezza e all'obbedienza, con tutto quello che ne consegue. La maggior parte delle “riunioni” dei neocatecumeni si tengono a porte chiuse e dato che costoro utilizzano le strutture e gli spazi che le parrocchie di riferimento gli mettono a disposizione, va da sé che la gerarchia ecclesiastica può solo fingere di non vedere (non sentire e non parlare) nei confronti delle merdate che la setta mette a segno in tal modo.

In poche parole, la setta noecatecumenale sta facendo il lavoro sporco per conto delle gerarchie ecclesiastiche, il cui motto è: “Non
sento, non vedo e non parlo e, se occorre, mi turo anche il naso...”. Alla fine il riconoscimento arriva sempre.
Se si pensa agli altri movimenti retrogradi che influenzano in questo momento la Chiesa, dall'Opus Dei alla Compagnia delle Opere, fino al Cammino Neocatecumenale, ne viene fuori un quadro davvero desolante per il credente non bigotto. 



Uomo che saluta, 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
È un momento difficile per la Chiesa, si sa, le dimissioni di papa Benedetto lo stanno a dimostrare, ma non è ritornando a metodi medievali che si affronta una crisi. Anche se comprendo che la manipolazione rimane la vera specialità della Chiesa cattolica, altro che oppio dei popoli...

sabato 9 novembre 2013

Icone pop | Kiko Arguello, pittore della madonna, leader e santino della setta dei neocatecumeni

Kiko Arguello era un pittore esistenzialista. Kiko Arguello, pur vivendo nella cattolicissima e fascistissima (a quei tempi) Spagna, si era dimenticato di Dio. 
Dio era molto adirato con Kiko Arguello. 
Dio era molto preoccupato per quella pecorella nera così sbiadita... 
Dio aveva perso da tempo la pazienza con Kiko Arguello, ed è risaputo quanto Dio possa diventare vendicativo e rancoroso quando perde la pazienza (a volte è peggio di un bambino viziato)...

Per fortuna un giorno Kiko Arguello si convertì. Smise di dipingere seguendo unicamente le sue emozioni e cominciò a seguire la parola (il verbo) dandosi all'apostolato e alla sua convinta diffusione. Fondò un movimento, anzi una vera e propria setta cattolica, quel Cammino Neocatecumenale che tanto fa parlare di sé, in realtà è solo un Opus Dei in chiave minore, ovvero alta manipolazione rivolta al ceto medio anziché alla finanza...

Oggi Kiko Arguello suona, canta e balla ed è a capo di una multinazionale del sacro che conta migliaia di fedeli in tutto il mondo. Inoltre è diventato un santino pop ante litteram (molto prima di accomodarsi alla destra del Padre) a cui i suoi seguaci rivolgono appassionate orazioni.

Kiko Arguello: da pittore sfigato a pittore della madonna!

In cammino, olio su tela - Gianluca Salvati - 1997

venerdì 8 novembre 2013

America Latina - Opus Dei & company | Neocatecumeni: Franco Chirico & Kiko Arguello | Enrico Cajati: "Volto santo"

Mentre  Roma spendeva le sue energie “migliori” per annientare l'eresia anomala della teologia della liberazione, i suoi avversari nel continente latinoamericano – l'Opus Dei in primis – lavoravano alacremente. I risultati si vedono a occhio nudo: oggi l'America Latina è ancora teatro bellico di una guerra religiosa estremamente complessa, in cui si combattono tra loro non solo religioni diverse, ma sette e gruppi che rappresentano interessi economici.

Per farsi un'idea delle forze dispiegate sul campo, vale la pena di riportare i dati forniti da Maurizio Stefanini in un saggio pubblicato su “Limes”: “La nuova evangelizzazione di Giovanni Paolo II si sta manifestando soprattutto come restaurazione della disciplina “tridentina”: nomina di vescovi soprattutto amministratori; insistenza sulle vocazioni tradizionali e sulla formazione secondo un modello tradizionale; ripristino della disciplina nella liturgia, nella catechesi, nell'organizzazione. […] Il Vaticano si rende conto della necessità di coinvolgere laici. Ma preferisce ricorrere a strumenti di aggregazione più “affidabili” delle comunità di base. Ad esempio l'Opus Dei, che in America Latina conta su 10 vescovi e 35.000 membri (la metà del totale). I Cursillos de Cristianidad, che già esistevano ma si sono particolarmente sviluppati in questi ultimi anni. Gli Incontri degli sposi con Cristo, che sono in crescita vertiginosa. Il movimento dei Focolarini, che era presente fin dagli anni Sessanta, ma ora è cresciuto fino a contare migliaia di aderenti a tutti i livelli. Il Movimento neocatecumenale, che è presente in quasi tutti i paesi […]. Comunione e Liberazione, che è pure presente in molti paesi, ed è fortissima a livello editoriale. Il Movimento di Schonstatt, cui fanno capo due vescovi cileni, e che è ben attestato anche in Argentina. Ma la grande forza è quella del Rinnovamento carismatico, ormai forte di milioni di aderenti. Una forza che è anche una debolezza. Il movimento carismatico non è che l'applicazione del pentecostalismo al cattolicesimo. Per sopravvivere, anche la Chiesa neotridentina di Giovanni Paolo II deve cedere al grande nemico”. (Geopolitica dell'avanzata protestante in America Latina, Maurizio Stefanini - “Limes”, n.3 giugno-agosto 1993)
In questo clima di “mercato delle anime”, le capacità organizzative dell'Opus Dei hanno trovato grande spazio.
[…] La gerarchia ecclesiastica – soprattutto in America Latina – è di per sé una casta, originata in una società precapitalistica e oggi sradicata dalle relazioni sociali di stampo capitalistico. La Chiesa cattolica, inoltre, è il più grande singolo proprietario di beni al mondo. Ecco perché il Vaticano ha dato supporto – sia pure indiretto – a dittatori sanguinari dell'America Latina, i quali difendevano la proprietà capitalistica, ma si opponevano a regimi di ispirazione marxista basati sulla proprietà nazionalizzata.
 
Opus Dei segreta, Ferruccio Pinotti

Franco Chirico, ha la famiglia a Caracas, l'ho scoperto quando sono stato chiamato ad insegnare per la scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Curiosamente, la famiglia di Franco Chirico, vive proprio nel quartiere dove c'è questa scuola "A. Codazzi". Altrettanto curiosamente, ho trovato casa proprio a poca distanza dalla villa "Quinta Leoncita", dove vive la famiglia di Franco Chirico a Chapellin, nel quartiere della Florida.
Franco Chirico è l'editore di punta del Cammino Neaocatecumenale ed amico di Kiko Arguello, fondatore del movimento dei Neocatecumeni.

Volto santo, olio su tela - Enrico Cajati

mercoledì 6 novembre 2013

La caduta, olio su tela | Franco Chirico e il Movimento Neocatecumenale di Kiko Arguello | Piero Golia

Nel dicembre del 1995 ero convalescente da un intervento chirurgico dovuto a peritonite e avevo ricominciato a dipingere. 
Il primo quadro che intrapresi fu un lavoro nuovo, la cui novità consisteva nell'utilizzare tre tele di diverso formato dislocate a distanze tali da comprendere l'immagine dinamica a cui facevo riferimento. L'immagine era la solita foto di calciatori presa dal giornale del lunedì, ma quella foto aveva un suo epos...
Il quadro iniziato in quel dicembre del 1995, dopo l'intervento di peritonite, era La caduta.
Dopo un paio di mesi quel quadro era bell'e terminato. Lo portai giù e lo attaccai sulla parete dell'ingresso. Mi pareva che funzionasse, aveva un nonsoché...

La caduta, part. olio su tela - Gianluca Salvati - 1996
In quel periodo, i miei genitori tennero un incontro con alcuni fratelli della comunità del Cammino Neocatecumenale, altrimenti detti neocatecumeni. Franco Chirico era il responsabile di quella comunità di Cammino Neocatecumenale, ma lì, quella sera, non c'era. C'erano in tutto sei o sette persone, compresi i miei genitori. Quando tornai da fuori incassai i complimenti entusiasti di un loro fratello di comunità. Quel signore si era talmente incantato davanti al quadro La caduta che, stando al racconto dei miei genitori, aveva seguito le letture distrattamente. Dissi a quel signore che, qualora avessi partecipato ad una mostra, gli avrei fatto pervenire l'invito.
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile di quella comunità neocatecumentale è anche il principale editore di quel movimento fondato da Kiko Arguello. Per intenderci, Franco Chirico è amico di Kiko.

Quando, nella primavera del 1996,
ebbi pronti un po' di lavori, li fotografai e portai le foto in accademia per mostrarle al prof e ai colleghi. Era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso del Libero Nudo, dunque il lavoro lo mostrai anche a lui e non solo ai colleghi "storici" dell'accedemia. Nel complesso il quadro La caduta riscontrava un certo favore, in particolare tra le persone del cui giudizio mi fidavo. Eppure, quando si trattò di propormi per una personale, nel giugno 1996, il prof dell'accademia scartò a priori quell'opera dall'esposizione. E non ebbi spiegazioni, cosicché non mi capacitai delle motivazioni di quella scelta.

Il critico Arcangelo Izzo, quel gran testone, aveva addirittura dubitato dell'artisticità di quel mio lavoro: “Che significa?”, mi aveva chiesto. 

Ma era altrettanto vero che tutte le previsioni del suddetto capoccione si erano dimostrate meno consistenti di una bolla di sapone in una assolata giornata estiva: il riscontro della mia personale del 1996 non lasciava dubbi. 
Ciononostante il quadro La caduta è l'opera che non ho mai esposto.

martedì 5 novembre 2013

"Il buon pastore" 1999 - Omaggio a Kiko Arguello | Franco Chirico editore

Il dipinto R&M, del 1999, si ispira al quadro "Il buon pastore" del 1977 di Kiko Arguello, di cui circolava una riproduzione in casa. Il mio lavoro, ovviamente, ne è una versione aggiornata. Il quadro de Il buon pastore, a sua volta, rimandava alle prime pitture paleocristiane, le quali rispondevano ai modelli greci del Doriforo.
Ricordo, a tal proposito, una bella lezione di storia dell'arte alle superiori: si analizzava un'immagine cristiana del "Buon pastore" valutandone gli influssi greci.  Non è che il quadro di Kiko Arguello fosse questo gran capolavoro, ma dato che mi trovavo quell'immaginetta fra i piedi, ne volli dare una mia versione con il quadro R&M.
Tutto il materiale inerente la setta cattolica (catto-talebana) del movimento neocatecumenale, ci veniva direttamente da uno dei suoi editori di punta, Franco Chirico.
Il tipo, Franco Chirico era (ed è tutt'oggi) responsabile della setta del movimento neocatecumenale che frequentano i miei genitori.
Altro aspetto degno di nota è che Franco Chirico conosce personalmente Kiko Arguello.
Kiko Arguello, spagnolo, è il fondatore del movimento neocatecumenale, altrimenti detto Cammino Neocatecumenale.

Quando nel 1999 tenni la mia prima personale in una galleria, (la primissima era in un bar), avevo invitato anche Franco Chirico. Alla mostra esponevo sia il quadro R&M, sia un ritratto di Jacques Chirac che era a tutti gli effetti un ritratto di Franco Chirico a la Jacques Chirac. Mia madre aveva notato questo omaggio a Franco Chirico, un personaggio così importante, e glielo aveva comunicato, ma il sant'uomo all'esposizione non si vide, direi neanche per sbaglio. Neanche l'ombra.
In compenso l'ultimo giorno vennero gli amici di suo figlio Fernando Maria a vedere la mostra.

R&M, olio su tela - Gianluca Salvati - 1999