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domenica 23 ottobre 2016

Luciano Chirico: lo studio di registrazione


Nell’anno di grazia 2002, ho avuto la fortuna di realizzare un antico sogno. Sogno che risaliva al millennio precedente, quando fanciullo mi dilettavo a mescolare colori a tempera, o un po’ più grande, disegnavo scritte e loghi.
Il sogno in questione riguardava il lavoro, che mai e poi mai avrei immaginato potessi raggiungere in una città come Napoli. Il lavoro in questione è quello di grafico.
Due sogni, dunque, realizzati in un sol colpo. Se questa non è fortuna...
Non avevo tutte le conoscenze necessarie ad un grafico: avevo avuto il mio primo computer  appena 2 anni prima nel 2000. Conoscevo Photoshop, ma lo utilizzavo al minimo.
Per quanto riguardava colore e composizione, però, avevo già una discreta esperienza, benché acquisita da autodidatta. Ero un vero self made man. Uno che si è fatto da solo.
La mia fortuna non terminava qui, perché nella stessa azienda presso cui lavoravo ho avuto modo di apprendere alcuni linguaggi che a quel tempo mi sembravano idiomi alieni, quali l’Html. Inoltre, tutto ciò che riguardava l’aspetto tecnico della grafica, dalla progettazione alla stampa, lo potevo delegare ai tecnici di una tipografia a mia scelta...
Potendo scegliere la tipografia, optai per una vicino casa, così potevo seguire i lavori in maniera più agevole.


Il figlio di Franco Chirico e lo studio di registrazione

Dopo un certo periodo, nei pressi della tipografia incontrai il figlio di Franco Chirico, Luciano. Un suo amico, tale Carletto, aveva preso in affitto uno spazio all’ingresso del parco dove si trovava la  tipografia. Per questo in seguito li ho incontrati spesso.
Il tipo, Carletto, si interessava di musica, piuttosto a tempo perso, e quello spazio era il suo studio di registrazione. Bella coincidenza, vero?
Questa è solo una delle infinite coincidenze che sono capitate, non solo a me ma anche alla mia famiglia, con quei soggetti di provenienza fascio-massonica della famiglia Chirico.


Canarino: frame di una sequenza


domenica 1 novembre 2015

Una dedica di Franco Chirico e consorte | L'apostolato del "sant'uomo"




Su un libro di Giovanni Paolo II, Famiglia diventa ciò che sei!, edito da Franco Chirico, ho trovato questa interessantissima dedica tracciata dal "sant'uomo" di suo proprio pugno (o da quello della sua consorte).

Con l'augurio
che la famiglia Salvati
diventi una santa famiglia.
             Franco e Maria

Tanto per restare aggiornati sul personaggio in questione, va detto che, oltre a continuare il suo "apostolato neocatecumenale", il Franco Chirico ha cominciato da qualche tempo a stampare direttamente per il Vaticano... è risaputo che da quelle parti hanno una particolare predilezione per i tipi torbidi come lui.


Un dedica di Franco Chirico e consorte


sabato 31 ottobre 2015

Franco Chirico e l'Accademia di Belle Arti di Napoli | Piero Golia e due colleghi del Nudo

Accademia: istituzione umanistico-rinascimentale italiana, poi diffusasi in tutta Europa e giunta fino a noi: le accademie furono libere associazioni di dotti (scienziati, artisti, letterati) nate con l'intento di promuovere la cultura e di garantire la comunicazione fra intellettuali. Spesso protette da regnanti e mecenati, esse si dotarono nel corso del Cinquecento, di precisi statuti e di finalità specifiche (teatrali, editoriali, filosofiche, scientifiche, ecc.). Fra le più famose ricordiamo l'Accademia platonoca di Firenze, riunita attorno alla personalità di Marsilio Ficino, l'Accademia della Crusca (fondata nel 1583), che a partire dalla fine del Cinquecento esercitò una funzione puristica in ambito linguistico; l'Accademia dei Lincei (1603) e l'Accademia del Cimento (1657-67), nate con finalità scientifiche; l'Accademia d'Arcadia, che dominò il gusto letterario del primo Settecento. Il modello italiano ispirò in Europa altre grandi istituzioni nazionali come l'Académie Francaise, la Royal Society, l'Accademia prussiana delle scienze.
In campo artistico, la prima accademia venne creata nel 1562 a Firenze. Ne fu promotore Giorgio Vasari, che ottenne dal duca Cosimo I il permesso di destinare un luogo al dibattito teorico e all'apprendimento artistico, cui venne dato il nome di Accademia del Disegno.
Nell'intento di Vasari l'Accademia aveva lo scopo di raccogliere le esperienze artistiche disseminate e produrre un'attività pratica e teorica capace di dare nuovo impulso e soprattutto un crescente prestigio alla produzione delle arti. Nelle intenzioni di Cosimo I, invece, l'Accademia aveva lo scopo di esercitare un controllo sull'attività artistica, legandola saldamente agli interessi della dinastia medicea. All'inizio, dunque, l'accademia nacque sulla base di una coincidenza di interessi tra artisti, desiderosi di avere uno spazio di elaborazione culturale, e potere politico, interessato a dare a tale elaborazione una precisa funzione di sostegno al proprio operato e ad evitare ogni eventuale gesto di autonomia o di ribellione da parte degli artisti. Questi interessi, però, col tempo si rivelarono contraddittori, e nelle numerose accademie che si formarono sul modello fiorentino finì col prevalere l'aspetto burocratico-amministrativo ed istituzionale.
Questa evoluzione contribuì a svuotare le accademie del loro iniziale slancio creativo e a trasformarle in corporazione, allineate al gusto ufficiale ed alla politica culturale delle classi dominanti. Ed infatti il termine "accademico" nel XIX secolo finì per assumere un significato deteriore, riferito ai caratteri conformisti e subalterni della produzione artistica.
Un discorso a parte va fatto per la accademie private, fiorite nel XVI secolo sul modello dell'esperienza fiorentina, ma caratterizzate da una maggiore autonomia nei confronti del potere politico. Tra queste, la più famosa fu quella bolognese degli Incamminati, fondata dai Caracci alla fine del Cinquecento.
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Piero Golia con due colleghi all'Accademia di Napoli - 9 giugno 1997


giovedì 30 ottobre 2014

La sola rivoluzione, J. Krishnamurti - Meditazione e dualismo | Verità, rivelazione e condizionamento: l'armamentario della religione organizzata

[...]  Lasciamo stare se l'interlocutore sia un indiano educato in questa tradizione, condizionato in questa cultura, e se sia la sintesi di questa antica dottrina. Prima di tutto egli non è un indiano, cioè non appar­tiene a questa nazione o alla comunità dei brahmini, sebbene vi sia nato. Nega la stessa tradizione di cui è stato investito. Nega che la sua dottrina sia la continuità degli insegnamenti antichi. Non ha letto nessuno dei libri sacri dell'India o dell'Occidente, perché sono inutili a un uomo che è consapevole di ciò che avviene nel mondo - della con­dotta degli esseri umani con le loro interminabili teorie, con la ben accetta propaganda di duemila o cinquernila anni che è diventata la tradizione, la verità, la rivelazione. 

Alberi, monte, nuvola, cielo settembrino
Per un uomo simile, il quale si rifiuta totalmente e completamente di accettare il mondo, il simbolo con il suo condizionamento, la verità non è un affare di seconda mano. Se voi lo aveste ascoltato, signore, non vi sarebbe sfuggito che fìn dall'inizio ha detto che ogni accettazione di autorità è la negazione stessa della verità, e che ha insistentemente affermato che è necessario essere al di fuori di ogni cultura, tradizione e morale sociale. Se aveste ascoltato, non direste che è un indiano o che continua la tradizione antica in termini moderni. Egli nega total­mente il passato, i suoi maestri, i suoi interpreti, le sue teorie e le sue formule.
La verità non è mai nel passato. La verità del passato è la cenere della memoria; la memoria procede dal tempo e nella morta cenere dell'ieri non c'è verità. La verità è una cosa vivente, ma non nella sfera del tempo.
Così, lasciando stare tutto ciò, possiamo ora passare all'argomento centrale che voi postulate, il Brahman. Sicuramente, signore, la stessa asserzione è una teoria inventata da una mente ricca di immaginazione - sia essa Shankara o il dotto teologo moderno. Si può sperimentare una teoria e dire che è così. Ma un uomo che sia stato educato e condizionato nel mondo cattolico non può avere che visioni di Cri­sto, le quali ovviamente sono la proiezione del suo condizionamento, così come coloro che sono stati educati nella tradizione di Krishna hanno esperienze e visioni nate dalla loro cultura. Così l'esperienza non prova nulla. Riconoscere la visione come Krishna o Cristo è il risul­tato di una conoscenza condizionata; quindi non è affatto una realtà, ma una fantasia, un mito, a cui l'esperienza dà vigore, ma che non ha validità. Perché avete bisogno a ogni costo di una teoria e perché postulate una credenza? Questo voler porre costantemente la neces­sità della credenza è un sintomo di paura - paura della vita di ogni giorno, paura del dolore, paura della morte e dell'assoluta mancanza di significato della vita. Vedendo tutto ciò, voi inventate una teoria e quanto più questa è abile ed erudita tanto più ha peso. E dopo due­mila o diecimila anni di propaganda quella teoria invariabilmente e scioccamente diviene 'la verità'.
Ma se non postulate alcun dogma, allora vi trovate faccia a faccia con ciò che realmente è. Il 'ciò che è' è il pensiero, il piacere, il dolore e la paura della morte. Quando capirete la struttura della vostra vita quotidiana - con la sua competizione, avidità, ambizione e sete di potere - allora vedrete non solo l'assurdità di teorie, salvatori e guru, ma forse troverete una fine al dolore, una fine all'intera struttura costruita dal pensiero.
La penetrazione e la comprensione di questa struttura è la meditazione.
Allora vedrete che il mondo non è una illusione, ma una terri­bile realtà costruita dall'uomo nel suo rapporto col suo simile. Sono queste le cose che vanno capite e non le vostre teorie del Vedanta, con i riti e tutto l'armamentario della religione organizzata.
Quando l'uomo è libero, senza alcun motivo di paura, di invidia o di dolore, allora soltanto la mente trova la sua pace naturale. Allora può vedere non solo la verità nella successione degli attimi della vita quotidiana, ma anche trascendere la percezione. Allora si ha la fine dell'osservatore e dell'osservato, e la dualità cessa.
Ma di là da tutto ciò e senza alcun rapporto con questa lotta, con questa vanità e disperazione, c'è - e non è una teoria - una cor­rente che non ha né principio né fine, un movimento infinito che la mente non saprà mai cogliere.
Ovviamente, signore, voi farete una teoria di ciò che avete ascol­tato, e, se questa nuova teoria vi piacerà, la diffonderete. Ma ciò che diffondete non è la verità. La verità è solo quando voi siete libero dal dolore, dall'ansia e dall'aggressività che ora riempiono il vostro cuore e la vostra mente. Quando vedrete tutto ciò e quando incontrerete quella benedizione chiamata amore, allora conoscerete la verità di ciò che ora vi viene detto.
La sola rivoluzione, J. Krishnamurti

sabato 25 ottobre 2014

Una Caracas da bere: Ruben Zambrano e il Club de la Guardia | La nipote di Franco Chirico

Quando ripresi a lavorare nel gennaio 2005, ripresi anche le uscite serali in quel di Caracas. Una Caracas da bere.
Il collega di uscite, Giuseppe Rinaldi, era ritornato dall'Italia più baldanzoso che mai. Baldanzoso è il termine adatto per uno sovrappeso che ami danzare la salsa e gli altri balli latinoamericani... Il bello è che se la cavava piuttosto bene.
Io ero debole e necessitavo ancora di riposo, ma avevo anche bisogno di vedere un po' di vita, dato che ero fresco reduce dal mondo dei morti, o degli spiriti, se preferite. Fortunatamente avevo ricominciato la scuola di mercoledì, per cui il fine settimana arrivò prima. Giuseppe mi disse che era in contatto con Ruben Zambrano, l'insegnante di educazione motoria del Codazzi. Quando ci vedemmo al solito bar di plaza Chacaito, Giuseppe mi disse che Ruben gli aveva scritto un messaggio. Il prof era in serie difficoltà: lo assediavano varie femmine e richiedeva il nostro intervento. Più che un messaggio pareva un Sos...
Come potevamo rifiutare?
Terminammo le nostre birre e ci mettemmo in viaggio. Destinazione: Club de la Guardia.
Raggiungemmo il nostro collega, originario di Merida, ancora incolume che ci presentò una intera comitiva di gente. Almeno tre figliole erano di mio gradimento.
Il Club de la Guardia era una sorta di dopolavoro dell'esercito venezuelano. Era distribuito su un'area abbastanza grande e si entrava solo per conoscenza. Non mi dispiaceva perché era per lo più all'aperto, semplice e popolare. La musica non era chiassosa, e pazienza se c'era solo musica locale. Era un luogo ideale per chi sapeva ballare i ritmi caraibici.
Il gruppo di Ruben era situato in una zona che terminava con un cortile. Sul muro di quel cortile era dipinto a lettere cubitali la scritta "Barinas linda!". Omaggio al paese che ha dato i natali al presidente Chavez. Alcune amiche di Ruben mi fecero un corso accellerato di salsa venezuelana. Molto istruttivo, anche se sono stato un pessimo allievo.
Ad un certo punto della serata, me ne andai a fare un giro per il club. C'erano zone poco illuminate con cespugli e aiuole ed altri spazi coperti dove la gente ballava. Nel complesso dava l'idea di un luogo molto frequentato ma tranquillo. 

Durante il mio giro di ricognizione vidi, per la prima volta, la nipote di Franco Chirico. Era il 14 gennaio del 2005. La vidi senza conoscerla e senza essere visto in quanto parlava animatamente con una ragazza della comitiva. Una di quelle che mi piacevano, per intenderci. 
Forse fu proprio per cercare la tipa che vidi la nipote di Franco Chirico, massimo editore del Cammino Neocatecumenale e amico personale di Kiko Arguello. 

Franco Chirico e la setta neocatecumenale

Parlava la sciacquetta, in una zona poco illuminata, ma più precisamente impartiva istruzioni. Aveva 25 anni circa, gli occhiali e i capelli castani non molto lunghi, legati dietro con una piccola coda. Aveva lo stesso piglio della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas), ovvero lo stesso modo del cazzo di blaterare senza ascoltare. Odiosa solo a vedersi.
Quello del Club della Guardia è stato il primo di 3 incontri certi, che ho avuto con quella troia della nipote di Franco Chirico. ma non escludo di averla avuta tra i piedi in diverse altre occasioni, dal momento che aveva frequentato la scuola "Agustin Codazzi" e abitava a due passi da casa mia...

venerdì 3 ottobre 2014

Uomo che saluta: un pittore napoletano a Caracas | Collezione Franco Chirico

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicchè, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.

Uomo che saluta, olio su tela 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

sabato 28 giugno 2014

Dialettica e verità | Vito Mancuso su Florensky

"Ho cercato di comprendere la struttura del mondo con una continua dialettica del pensiero".
Dialettica vuol dire movimento, pensiero vivo, perché "il pensiero vivo è per forza dialettico", mentre il pensiero che non si muove è quello morto dell'ideologia, che, nella versione religiosa, si chiama dogmatismo.
Il pensiero si muove se è sostenuto da intelligenza, libertà interiore e soprattutto amore per la verità, qualità avverse a ogni assolutismo e abbastanza rare anche nella religiosità tradizionale. [...] La sua lezione spirituale è piuttosto un'altra: la fede non è un assoluto, è relativa, relativa alla ricerca della verità. Quando la fede non si comprende più come via verso qualcosa di più grande ma si assolutizza, si fossilizza in dogmatismo e tradisce la verità.
La dialettica elevata a chiave del reale si chiama antinomia, concetto decisivo per Florensky che significa "scontro tra due leggi" entrambe legittime. L'antinomia si ottiene guardando la vita, che ha motivi per dire che ha un senso e altri opposti. Di solito gli uomini scelgono una prospettiva perché tenerle entrambe è lacerante, ma così mutilano l'esperienza integrale della realtà. Ne viene che ciò che i più ritengono la verità, è solo un polo della verità integrale, per attingere la quale occorre il coraggio di muoversi andando dalla propria prospettiva verso il suo contrario. Conservando la propria verità e insieme comprendendone il contrario, si entra nell'antinomia.
"La verità è antinomica è non può non essere tale".
Vito Mancuso

Enza, acrilico su tavola - Gianluca Salvati - 1996

mercoledì 25 giugno 2014

Caracas, dicembre 2004 | La famiglia di Franco Chirico

Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas Venezuela. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi aveva quasi stroncato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. 
Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... 
Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da laggiù.

Caracas, dicembre 04
Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.

Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi
Prescrizione Sanitas (Venezuela) - 4/1/2004

Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.  
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta. 
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano. 
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira (quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara e a me le zanzare mi adorano. 
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
 Mentre allora presi per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita. Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero.

martedì 24 giugno 2014

Il seme della verità | J. Krishnamurti, discussioni con David Bohm | Franco Chirico e il Cammino Neocatecumenale

K. - Se si pianta un seme di verità, esso deve operare, crescere, funzionare, avere una sua vita.
B. - Molti milioni di persone probabilmente hanno letto o sentito quel che dite. Eppure sembra che gran parte di loro non abbia capito. Pensate che alla fine riusciranno tutti a vederlo?
K. - No, ma la cosa va avanti, essi se ne preoccupano, e si chiedono, “Cosa intende dire con ciò?”. Il seme funziona, cresce, non è morto. Potete dire il falso e anche quello opera.
B. - Sì, ma ora abbiamo una lotta fra i due e non possiamo prevederne l’esito; non possiamo essere sicuri del risultato.
K. - Avete piantato in me il seme: “La Verità è un terreno senza sentieri”. E ancora un altro seme è piantato nella mia coscienza: “Ecco la strada che porta alla verità, seguimi”. Uno è falso, uno è vero. Entrambi sono conficcati nella mia coscienza. Così avviene una lotta. Il vero e il falso operano entrambi, e se sono sufficientemente sensibile ciò crea più confusione, più miseria e molta sofferenza. Che accade se non fuggo da quella sofferenza?
B. - È chiaro quel che accadrà se non fuggite. Avrete l’energia l’energia per vedere ciò che è vero.

Verità e realtà, J. Krishnamurti discussione con David Bohm,
professore di fisica teorica all’Universita di Londra


Cammino Neocatecumenale - Franco Chirico: "Ecco la strada che porta alla verità, seguimi"

giovedì 19 giugno 2014

Cammino Neocatecumenale: Franco Chirico va al "campo dei preti" - I Rogazionisti della Pineta e Franco Chirico

Anni fa, prima che Franco Chirico si desse alla filantropia (acquistandomi ben 2 quadri nel 1997) lo vidi dirigersi verso il campo dei preti con la chitarra in spalla. Era una domenica pomeriggio, si era in primavera ed io prendevo il caffé fuori il balcone, quando vidi passare Franco Chirico così conciato: camicia bianca smanicata, pantaloni e scarpe scuri. E quella chitarra in spalla che era tutto un programma...
C'era una notevole distonia fra scopo e intenzione. Verosimilmente il Chirico si dirigeva al campo dei preti, la parrocchia dei Rogazionisti alla Pineta, dove ci sono anche un parco e i campi sportivi... lì il Chirico opera in qualità di responsabile della comunità neocatecumenale del quartiere. (Inoltre Franco Chirico è il principale editore del Cammino Neocatecumenale). 

Il tipo pareva assai scoppiato come se stesse dirigendosi ad un proprio personale calvario, con la chitarra al posto della croce. O stesse andando a prendersi a botte (a chitarrate in testa) con qualcuno, probabilmente un fariseo
Per chi non lo sapesse, i neocatecumeni sono in costante colluttazione, fisica e mentale, con il diavolo. 
E forse il Chirico stava andando ad affrontare il diavolo in persona...

Cammino Neocatecumenale: Franco Chirico va al campo dei preti

Il problema per questo tipo di sistemi è stabilire chi è il diavolo e come contrastarlo... 
In genere è un processo che viene calato dall'alto, in virtù di strane dinamiche, esoteriche, da parte di chi di quei sistemi è a capo.
Quindi ecco il Chirico, vecchia conoscenza dei salesiani, che si appresta a compiere il proprio dovere di buon cristiano, come un automa. Forse un tantino impacciato dai tanti fili che lo manovrano, ma un vero soldato non si pone domande.

Esoterismo: (dal greco esoterikós = interno) dottrina riservata ad un numero ristretto di iniziati, i discepoli. Esoterico è l’aggettivo con cui si indica tale carattere di segretezza, mentre essoterico (dal greco exoterikós = esterno) definisce il carattere pubblico di altri insegnamenti. 
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

mercoledì 22 gennaio 2014

Storie dell'altro mondo | Guido Brigli e Rai international | Franco Chirico, la cricca del Codazzi & rete Globovision

Durante il primo mese di lavoro al Codazzi, si presentò in classe un tipo con la telecamera professionale nel bel mezzo di una lezione. Costui era un cameramen della televisione italiana, la vecchia e mai troppo rimpianta Radio Televisione Italiana, Rai. Mi chiese se poteva fare riprese ed io non gli risposi favorevolmente... oddio, proprio non ricordo cosa gli avessi risposto, ma il cameramen non si sentì il benvenuto nella mia classe, infatti non lo era. Allora si affacciò dall'uscio della classe un tipo dal volto oblungo, ben vestito e pettinato, che si presentò come il capo della Giunta Direttiva del Codazzi, Guido Brigli. 

La cricca Codazzi e Rai international, Colegio "Agustin Codazzi" - Caracas
Mi disse che il tipo che si autoinvitava era il cameramen della Rai, rai international, per la precisione. Mi chiese se poteva entrare a fare delle riprese in classe. Non ero ancora molto convinto, ma come potevo rifiutarmi a quello che si presentava come il capo della baracca? Dunque acconsentii, senza sentirmi in dovere di fare gli onori di casa. Quindi ignorai l'addetto che scrutava e registrava col suo apparecchio. Gli alunni fecero altrettanto e continuarono a lavorare come se nulla fosse accaduto.
A ripensarci, avrei potuto obiettare che non potevano presentarsi di punto in bianco e che avrebbero dovuto almeno avvisarmi prima. Giusto per stopparli, perché come avrei imparato in seguito, quella gente proprio non aveva idea di cosa fosse il rispetto altrui...
 
Ad ogni modo, cosa cercava di dimostrare quell'emerita testa di cazzo di Guido Brigli? 
Che loro, quelli della cricca Codazzi, oltre ad essere ben vestiti e pettinati, disponevano anche di un certo potere? Stava forse cercando d'impressionarmi, quel burattino incravattato?

Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".


ps i nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la scuola Agustin Codazzi di Caracas

sabato 18 gennaio 2014

Franco Chirico & Kiko Arguello | Quel coniglio bianco di Piero Golia - Mostra dell'Accademia di Belle Arti, Napoli

Quel coniglio bianco di Piero Golia, 1997 - Napoli

Piero Golia era intenzionato a diventare artista. Nel 1995, Piero Golia si iscrisse al Corso del Libero Nudo dell'accademia di Belle Arti di Napoli. 
Dopo aver provato, senza impegno e quindi senza risultati, a disegnare e a dipingere, Piero Golia si convertì in artista concettuale.

concettuale ‹con·cet·tu·à·le› agg. ~ Essenziale, sostanziale, dal punto di vista della compiutezza di idee sul piano logico e pratico: c’è fra le due tesi un’inconciliabilità c. ♦ Diretto alla formulazione di concetti, che si esprime mediante concetti: attività c., conoscenza c.Arte c. (ingl. conceptual art), corrente artistica contemporanea sorta intorno al 1960 che, partendo dal rifiuto della mercificazione dell’oggetto d’arte, pone l’accento sul momento dell’ideazione e progettazione dell’opera e si concentra part. sull’analisi e la sperimentazione dei vari mezzi di comunicazione e di linguaggi diversi, nel tentativo di liberarsi dalla sottomissione ai materiali.
ETIMO Dal lat. mediev. conceptualis, der. di conceptus -us ‘concetto’
DATA prima metà sec. XIX.
 il Devoto-Oli 2009

Il 9 giugno del 1997, Piero Golia, novello artista concettuale, espose un coniglio alla mostra collettiva di fine corso. La sua opera prima, frutto di un lungo e penoso processo elaborazione, non consisteva in un semplice coniglio, bensì in un coniglio bianco sistemato all'interno di una gabbietta assai precaria.

coniglio ‹co·nì·glio› s.m. (f. -a; pl.m. -gli)  1. Mammifero Lagomorfo dei Leporidi intensamente allevato a scopo alimentare e per l’utilizzazione del pelo e della pelliccia; deriva dal coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), a differenza del quale ha orecchie e arti più corti, mole più grossa, pelame più morbido e fitto, variamente colorato, carne più dolce e delicata ♦ La carne dell’animale macellato: c. alla cacciatora.
2. fig. Simbolo di timidezza e timore, di pavidità e viltà: ha un cuore di c. • DIM. conigliétto (v.), poco com. coniglìno, tosc. conìgliolo, poco com. conigliòtto. ACCR. coniglióne. PEGG. conigliàccio nel sign. 2.
ETIMO Lat. cunicŭlum
DATA sec. XII.
 il Devoto-Oli 2009

Il colpo di genio di Piero Golia si manifestò nell'applicazione di due altoparlanti vicino alla gabbietta del coniglio.

altoparlante ‹al·to·par·làn·te› s.m. ~ Apparecchio che amplifica i suoni trasformando l’energia di correnti elettriche modulate a frequenza acustica in energia meccanica di vibrazione. • DIM. altoparlantìno.
ETIMO Comp. di alto e parlante
DATA 1927.
 il Devoto-Oli 2009

Dagli altoparlanti scaturiva la voce registrata di Piero Golia, il quale, parlando al posto del coniglio bianco, chiedeva in tono concitato di farlo uscire da lì. 
Il coniglio, in compenso, non faceva una grinza e se ne stava lì dentro tranquillo nonostante il viavai di gente e il gracchiare degli amplificatori. 
La spiegazione colta di questo eccellente lavoro di Piero Golia era che il neoartista concettuale viveva una condizione esistenziale simile a quella della sua creazione. 
Piero Golia si identificava totalmente in quel coniglio (e in tutto il resto), dimostrando con la sua opera prima una compiuta visione wagneriana. L'opera d'arte totale.

Franco Chirico, altro eminente personaggio, già principale editore della setta catto-talebana dei catecumeni e amico personale di Kiko Arguello (leader e santino ante litteram della suddetta setta), Franco Chirico ha visitato quella collettiva ed ha, verosimilmente rimirato le pirotecniche invenzioni di Piero Golia. Un uomo, un artista concettuale. 

venerdì 17 gennaio 2014

"Le Pharaon", olio su tela | Ministero degli Esteri - Viaggiare sicuri... La nipote di Franco Chirico

Le Pharaon, olio su tela - Gianluca Salvati - Caracas 2005
Il quadro Le Pharaon è un olio su tela realizzato a Caracas fra il febbraio e il maggio del 2005. Il dipinto si ispira sia a quell'autentico capolavoro che è il Cristo morto di Andrea Mantegna sia alla foto di Che Guevara ammazzato dai fascisti al soldo degli yankee.

Il tema non è casuale, pochi mesi prima di realizzarlo, tra il Natale 2004 e l'epifania 2005, avevo subito un avvelenamento che mi aveva tenuto appeso ad un filo per diversi giorni.
Non solo l'avvelenamento non era un fatto casuale ma era piuttosto eccezionale che per quei tempi, chiamato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, fossi ancora senza contratto di lavoro; di conseguenza, dal 27 dicembre diventatai anche clandestino a tutti gli effetti.
Clandestino e moribondo.

Come ho capito in seguito, non era un caso che fossi stato chiamato ad insegnare a Caracas dalla funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco, la fuorilegge. Questo trattamento anticostituzionale da parte di una funzionaria della Pubblica Amministrazione, non ha impedito nel 2008, ad alcuni porci fascisti di quello stesso ministero, detto anche Farnesina, di diffamarmi. Ero ritornato a Caracas per riscuotere l'assegno della causa vinta contro il Codazzi e mi ero rivolto prima alle istituzioni italiane presenti sul territorio e successivamente all'unità di crisi ministero stesso, contattata dai miei familiari. E quale sorpresa vedere che tutte le mie affermazioni venivano costantemente distorte e rivolte contro di me, in sostanza quegli infami patentati mi stavano facendo passare per paranoico, quelle specie di impotenti, cornuti figli di troia che si nascondono dietro l'istituzione del Ministero degli Affari Esteri. 

Non avevo immaginato che potesse esserci un'unica mafia a gestire il tutto da Roma al Venezuela. Ma tant'è: non si finisce mai d'imparare...
Le sorprese non finiscono qui.

Al mio arrivo a Caracas nel 2004, avevo scoperto che un conoscente dei miei genitori, l'editore dei neocatecumeni Franco Chirico, aveva famiglia proprio nel quartiere dove avevo trovato lavoro e abitazione. 
Franco Chirico, quel sant'uomo, ha sempre minimizzato sulla questione sia coi miei genitori che con i miei familiari.
Di fatto, quando ho conosciuto nel 2008 la nipote di Franco Chirico, la sensazione che quella tipa insignificante fosse una presenza alquanto familiare per me, ovvero di aver avuto quella sciacquetta davanti ai coglioni in diverse occasioni, ecco: quella sensazione lì è stata molto netta e precisa.
Franco Chirico è il principale editore della setta cattolica dei neocatecumeni ed è amico di Kiko Arguello.
Kiko Arguello, già ex pittore fallito, è il leader del movimento del Cammino Neocatecumenale e loro santino ante litteram.
Sono anni ormai, più di venti, che Franco Chirico col suo gruppo di neocatecumeni è ospite della parrochia dei padri Rogazionisti alla Pineta di Napoli. 

giovedì 16 gennaio 2014

La cricca del Codazzi | L'incontro con Guido Brigli: l'avvertimento mafioso | Franco Chirico - Kiko Arguello

Il 4 maggio del 2005, avemmo una riunione con Brigli e Giovenco sullo stato dei lavori. Guido Brigli era il Capo della "Giunta Direttiva" del Codazzi di Caracas. Era il primo inconro dopo 6 mesi circa dalla prima lettera in cui si sollecitavano spiegazioni: per quale motivo eravamo senza contratto?
Guido Brigli svincolò la questione con un paio di frasi di circostanza del tipo che in Venezuela non era necessario lavorare con un contratto, dato che, in fin dei conti noi avevamo continuato a percepire lo stipendio... L'altro tipo, il Giovenco Adriano non disse niente, lui ascolava, l'avvocato. Era quello che durante le numerose e inutili riunioni dell'anno successivo, ostentava un registratore tascabile.
Guido Brigli fece poi alcune ossevazioni che, col senno di poi, avrei potuto definire profetiche. Oppure messaggi subliminali. paramafiosi, o qualcosa di simile, dato che il Venezuela è da tempo zona d'elezione per alcune consorterie, tanto per la massoneria (P2, la loggia infame), quanto per l'Opus Dei, altri campioni di legalità. 
Alla scuola Agustin Codazzi però si tenevano aggiornati, potevano vantare un conto cifrato su banca svizzera, Credite Suisse, filiale di Lugano.
Guido Brigli abitava nello stesso quartiere della scuola, ovvero poco distante da casa della famiglia di Franco Chirico, principale editore della setta cattolica dei catecumeni e amico personale di Kiko Arguello.
Quando una collega mi chiese come avevo fatto ad insegnare a Caracas, ovvero chi conoscessi da quelle parti, le risposi che non conoscevo nessuno. Ed era la verità. Ma lei affermava che senza una conoscenza non sarei stato chiamato a lavorare lì. Ovviamente aveva ragione lei, ma io non conoscevo nessuno, era un fatto e fino a prima di partire, non avevo idea delle radici di un Franco Chirico. Il sant'uomo, da parte sua, ha sempre fatto l'indiano rispetto a questa situazione, e parlo di uno che si intriga dei cazzi di parecchie persone.
Tornando all'incontro con Guido Brigli, durante l'incontro aveva parlato di:
  • un tipo che li aveva portati in tribunale affermando di essere un dipendente del Codazzi, e non era vero
  • aveva accennato al fatto che l'anno successivo sarebbe stato ancora più complicato lavorare in Venezuela a causa di una legge sui movimenti di cambio in valuta straniera.
Ebbene, le due osservazioni si sono avverate con una precisione da orefice...
La prima affermazione è stata la posizione assunta da quei mentecatti del Codazzi in tribunale, più o meno un anno dopo, con la differenza che la controparte ero io. Ed io, contrariamente dal caso citato da Guido Brigli, ero stato convocato dalla dirigente della scuola, Anna Grazia Greco, nominata dal Mae (Ministero degli Affari Esteri). 
Per non parlare della pagliacciata della commissione ministeriale giunta nel mese di marzo dello stesso anno, per confermare la paritarietà alla scuola e ad attestarne la rispondenza con gli standard della scuola pubblica italiana: eravamo senza contratto e, almeno io, neanche registrato alla Camera del Lavoro. Per questo motivo, anche il documento d'identità risultava fasullo: tarocco. Altro che paritarietà, per quei truffatori ci voleva e ci vuole l'ergastolo!
Anche la seconda ipotesi era andata incredibilmente a segno: Guido Brigli era stato profeta in patria, era proprio il caso di dirlo... 
Durante l'anno scolastico 2005/2006, con la scusa della legge venezuelana sul controllo delle operazioni in valuta estera, quei delinquenti non ci hanno pagato per ben 4 mesi...

Guido Brigli e la Giunta del Codazzi: la misma vaina

Escuela Agustin Codazzi, Caracas - Guido Brigli

domenica 12 gennaio 2014

Tecnica e arte - L'infiltrato | Napoli: Piero Golia e il gruppo degli anarchici | Franco Chirico & Kiko Arguello

La tecnica del disegno, come quella della pittura, è apprendibile, ma con la sola tecnica nessuno diventa artista. Un buon artista non ha bisogno di facoltà soprannaturali innate, serve però una certa attitudine, più comunemente conosciuta come talento. Al talento bisogna aggiungere l'impegno, costante e attento, se poi si ha anche la fortuna di trovare un buon insegnante, il gioco è fatto.
Il gruppo degli anarchici era formato da individui di indubbio talento, persone differenti per estrazione sociale e per formazione, che con modalità diverse si erano avvicinate all'arte. Il gruppo, cosiddetto degli anarchici, aveva un comune denominatore: la passione per il disegno e per la pittura. Su questa base le produzioni degli aspiranti artisti cominciarono ad acquisire un certo spessore culturale. Il gruppo, nominato degli anarchici in senso dispregiativo da qualche professore snob e da alcuni allievi fighetti dell'accademia di Belle Arti di Napoli, che evidentemente detenevano il metro dell'ortodossia nell'arte pittorica
Ad ogni modo, malgrado quelle cornacchie, il gruppo del corso del Libero Nudo nel 1994 cominciò a far parlare di sé.
Nell'anno accademico 1995-1996 al gruppo si aggiunse Piero Golia. Costui rimase estraneo al gruppo dal primo all'ultimo giorno di frequenza: un vero e proprio alieno rispetto al gruppo.  Eppure il gruppo degli anarchici non era settario, al contrario: era aperto a tutti. Nondimeno Piero Golia rimase un infiltrato, ovvero l'unico a non mettersi davvero in gioco. Incapace e negato nel disegno quanto nella pittura, la massima aspirazione di Piero Golia consisteva nello scopiazzare i lavori dei colleghi di corso. 

Mostra collettiva- 9 giugno 1997 - ore 12.00
Alla mostra collettiva degli allievi del Corso del Libero Nudo, si presentò l'editore della setta neocatecumenale Franco Chirico. Quel sant'uomo che ai tempi si dedicava anche alla filantropia, mi acquistò 2 quadri. E si che Franco Chirico di immagini se ne intendeva, stampava le riproduzioni del santino ante litteram Kiko Arguello, leader della setta neocatecumenale. Franco Chirico e Kiko Arguello sono anche amici.

Altra curiosità degna di rilievo, alla mostra partecipava un ex maresciallo dell'areonautica militare, Silvestro Carusone. Il Carusone, perso il lavoro si dilettava con la pittura. Aveva lavorato all'aeroporto militare di Grazzanise (Ce), proprio dove io avevo fatto il militare quasi dieci anni prima. E pare che fosse originario dello stesso paesino del casertano della moglie di Franco Chirico. Com'è piccolo il mondo! E dire che questo tipo di coincidenza non è neanche il più eclatante...

sabato 11 gennaio 2014

Cammino neocatecumenale, Franco Chirico, massone amico di Kiko Arguello

ancona ‹an·có·na› s.f.

~ Tavola dipinta da altare, con inquadratura architettonica terminata in alto a centina o ad angolo acuto, anche a vari scomparti. DIM. anconétta.
ETIMO Dal gr. biz. eikónaimmagine
DATA prima metà sec. XIV.
il Devoto-Oli 2009

Faces, olio su cartone 1997 - Piero Golia c'era - Gianluca Salvati

Porto San Giorgio, nei pressi di Ancona, ridente cittadina delle Marche, secondo porto dell'adriatico per importanza, è sede del centro del movimento neocatecumenale (non si finisce mai di imparare)
Il quadro di questo post è stata eposto alla collettiva tenutasi nei locali dell'accademia di belle arti di Napoli. Franco Chirico, capozona della comunità neocatecumenale che frequentano (da circa 20 anni) i miei genitori, nonché principale editore di quella setta catto-talebana e amico personale di Kiko Arguello, Franco Chirico ha visitato quella mostra, acquistandone due quadri. 
C'era anche Piero Golia, ovviamente... Piero Golia c'era ed esponeva: il capolavoro in questione era frutto della sua riflessione di artista concettuale di primo pelo. Infatti a quell'epoca, Piero Golia aveva oramai capito che era tempo di accantonare matite e pennelli... 

giovedì 9 gennaio 2014

Storia di un quadro | "La gioia 2" (la vendetta) - Franco Chirico principale editore del Cammino Neocatecumenale

Nella primavera del 1996, il prof del corso di disegno, mi propose di fare una mostra personale. Qualche tempo dopo, un caro amico mi disse che una galleria di via Orazio, Dina Carola, era in cerca di nuovi artisti. I giorni seguenti andai a fare una visita a quella galleria con un blocchetto di foto dei miei quadri. 
Quando arrivai la gallerista non c'era, aveva avuto un impegno. La sostituiva una signora grassoccia e bionda di mezza età. Ampi quadri slavati alle pareti dovevano interpretare dei nudi di donna, bianco su bianco, nel 1996. La sostituta guardò distrattamente le foto dei miei lavori. Mi chiese se c'erano critici che seguivano il mio lavoro. Alla mia risposta negativa, mi indirizzò ad un critico che abitava a Barra, Arcangelo Izzo. 
Nell'arco di dieci giorni andai a fare visita a quel critico, col solito blocchetto di foto.
Non ho parole per commentare quell'incontro e la valutazione che quell'eminente capoccione fece dei miei lavori. Sembrava che dovessi chiedergli il permesso di esistere, ciononostante ero ancora troppo ben educato per mandarlo a cagare. Così, quel fottuto nano gridò per tutto il tempo e mi rovesciò addosso una valanga di critiche, di cui l'89 per cento, a voler essere ottimisti, erano gratuite e pretestuose.
Prima di andare via, mi ero soffermato su un paesaggio simil-astratto che Arcangelo Izzo aveva nel salotto. 
Ero piuttosto provato, ma solo perché non capivo. Beninteso: ce ne vuole per abbattermi.

Poche settimane dopo tenni la mia prima personale, il cui bilancio fu assolutamente positivo, sia in termini di vendita che di riscontro critico. Avevo venduto più della metà dei pezzi esposti, in un periodo in cui vendere un solo quadro era considerata una fortuna. I visitatori erano stati dei più vari ed eterogenei, dai prof dell'accademia di belle arti, che per la maggior parte non mi conoscevano, agli studenti. Inutile dire che Piero Golia c'era, aveva visto la mostra assieme ai colleghi del Corso di Nudo.
Quando mi vide Franco Chirico, con quella voce monocorde che sembra provenire direttamente dall'oltretomba, mi disse: "Adesso non ti insuperbire..."
Lo devo ammettere: a quei tempi ero decisamente troppo educato...
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile della comunità dei neocatecumeni di S. Antonio alla Pineta è anche il principale editore di quella setta cattolica dei capitanata da Kiko Arguello, che Franco Chirico conosce personalmente.

Ripensando al critico, mi veniva da dire che costui aveva aperto bocca e gli aveva dato fiato... Questa la sintesi dell'incontro con Arcangelo Izzo.


La gioia 2 (la vendetta) - Gianluca Salvati
Lo sfondo di Uomo che saluta è ripreso da quel paesaggio semi astratto che vidi nello studio di Arcangelo Izzo. 

lunedì 6 gennaio 2014

Storia di un quadro | "Franco Chirico, ritratto a la Jacques Chirac", olio su tela | Il Cammino Neocatecumenale

Alla mia personale del 1999 portai un quadro su Jacques Chirac. Il lavoro era tratto da una foto del presidente francese presa per strada. Lo scatto era piuttosto insolito, il soggetto era in cammino e procedeva trascinando un braccio, quello sinistro, come per inerzia, mentre il torso era proiettato in avanti. 

Franco Chirico ritratto a la Jacques Chirac, olio su tela



La posa suggeriva che il presidente andava di fretta ma non voleva scontentare il fotografo, o piuttosto, non voleva perdere l'occasione di dispensare una buona immagine di sé. Il gesto del braccio trascinato, a mezz'aria, lo riprendevo in un altro quadro della stessa esposizione, il discobolo. Ma, a parte questo particolare, i due soggetti erano costruiti in maniera completamente diversa. Per il Franco Chirico a la Jacques Chirac, mi ero attenuto alle indicazioni della foto senza troppe novità, con qualche libertà nel trattare la testa, che non è quella impomatata di Chirac. Il discobolo, invece, era inventato fin dal disegno. 
 
Franco Chirico ritratto a la Jacques Chirac, 1999
Alla mostra personale avevo invitato l'editore Franco Chirico, responsabile della comunità neocatecumenale della parrocchia di quartiere, ma Franco Chirico all'inaugurazione non si era visto. Quando mia madre gli aveva commentato l'esposizione, aveva aggiunto che "c'era anche il suo ritratto...", riferendosi al quadro Franco Chirico ritratto a la Jacques Chirac. L'affermazione non era esatta, ma dovetti ammettere che c'era un fondo di verità: volto e capelli arruffati erano più del Chirico che dello Chirac... Dopo essermi attenuto fedelmente alle informazioni della foto, infatti, avevo perso la pazienza e mi ero dato alla libera interpretazione del volto. A quadro terminato ne risultava il Chirico sul fisico dinoccolato dello Chirac.
Che connessioni c'erano tra il presidente francese (di destra) e il responsabile della comunità dei neocatecumenali dei miei genitori, Franco Chirico? 
Boh ? 
La questione non mi riguardava più di tanto... 
A quei tempi non mi ponevo troppe domande, limitandomi a scandagliare gli imperscrutabili disegni della realtà con gli affilati strumenti dell'arte
Franco Chirico, l'ho scoperto da poco, è anche il principale editore del Cammino Neocatecumenale. Franco Chirico conosce personalmente Kiko Arguello, leader e santino ante litteram di quella setta cattolica (una fra tante).
Comunque, nonostante il quasi-ritratto a la Chirac, Franco Chirico non si fece vivo, in compenso, vennero a vedere l'esposizione alcuni amici di suo figlio, Fernando Maria Chirico. 

"La pittura è soltanto un mezzo che mi permette di portare alla luce un pensiero grazie all'utilizzo di elementi presi al mondo visibile"
René Magritte

venerdì 15 novembre 2013

La setta cattolica dei neocatecumeni | Il Cammino Neocatecumenale e le gerarchie ecclesiastiche | Franco Chirico & Kiko Arguello

Nell'ottobre del 2008, mio zio prete compiva 50 anni di sacerdozio. Per l'occasione, la Curia di Napoli offriva un pranzo per i sacerdoti che avevano raggiunto tale meta. L'appuntamento per il lieto evento era in un dato luogo di Napoli: un pulmino della Curia, col vescovo, avrebbe prelevato i preti per portarli a destinazione.
Così andarono, più o meno, le cose.

Il pulmino era pieno e, l'unico posto libero, era davanti, proprio vicino al vescovo: mio zio andò a sedersi di fianco al vescovo. Da premettere che non è mai stato tenuto in grande considerazione da parte delle “alte sfere”... Durante il tragitto, molto casualmente, ma molto opportunamente, il vescovo prese a lamentarsi dei neocatecumeni: “Il vescovo aveva il dente avvelenato nei confronti dei neocatecumeni...”, mi riferì mio zio. E lui che aveva frequentato comunità neocatecumenali sin dal 1982, trovò pacifico prenderne le difese, motivando tutta una serie di argomentazioni a loro favore.
Ora, per chi abbia un po' di senso critico, non è difficile notare le storture di questa setta, perché di setta si tratta, primo fra tutti l'obbligo alla segretezza e all'obbedienza, con tutto quello che ne consegue. La maggior parte delle “riunioni” dei neocatecumeni si tengono a porte chiuse e dato che costoro utilizzano le strutture e gli spazi che le parrocchie di riferimento gli mettono a disposizione, va da sé che la gerarchia ecclesiastica può solo fingere di non vedere (non sentire e non parlare) nei confronti delle merdate che la setta mette a segno in tal modo.

In poche parole, la setta noecatecumenale sta facendo il lavoro sporco per conto delle gerarchie ecclesiastiche, il cui motto è: “Non
sento, non vedo e non parlo e, se occorre, mi turo anche il naso...”. Alla fine il riconoscimento arriva sempre.
Se si pensa agli altri movimenti retrogradi che influenzano in questo momento la Chiesa, dall'Opus Dei alla Compagnia delle Opere, fino al Cammino Neocatecumenale, ne viene fuori un quadro davvero desolante per il credente non bigotto. 



Uomo che saluta, 1997 - Gianluca Salvati - coll. Franco Chirico
È un momento difficile per la Chiesa, si sa, le dimissioni di papa Benedetto lo stanno a dimostrare, ma non è ritornando a metodi medievali che si affronta una crisi. Anche se comprendo che la manipolazione rimane la vera specialità della Chiesa cattolica, altro che oppio dei popoli...